Anchorage come nuovo palcoscenico della diplomazia
Lo scorso 15 agosto, Donald Trump e Vladimir Putin si sono incontrati presso la base militare Elmendorf – Richardson ad Anchorage, in Alaska, per trovare una soluzione per porre fine alla guerra in Ucraina che ormai va avanti dal febbraio del 2022. La decisione di svolgere l’incontro in Alaska non è stata casuale, considerando che si tratta del territorio statunitense più vicino alla Russia, oltre al fatto che fu acquistato dagli Stati Uniti nel 1867 proprio dai russi per un valore totale di 7,2 milioni di dollari.
A primo impatto, l’incontro apparentemente amichevole tra i due leader è sembrato imprimere una nuova direzione ai negoziati sulla guerra in Ucraina tra scambi di sorrisi, strette di mano e parate militari, anche se alla fine, dopo quasi tre ore di colloqui, non è stato trovato né un punto di incontro né è emerso un riferimento a un cessate il fuoco, lasciando quindi molte domande senza risposta.
Trump ha parlato di “grandi progressi” e di “un incontro estremamente produttivo. Molti punti sono stati concordati”,[1]nonostante non sia stato firmato nessun documento e non sia stato fatto cenno ad alcuna riduzione tangibile delle ostilità, ma soltanto un’allusione sulla disponibilità a possibili incontri futuri, sebbene tale dichiarazione del presidente statunitense abbia lasciato
emergere un’ambiguità, ovvero da un lato la volontà di mostrare risultati concreti, dall’altro la consapevolezza che le posizioni delle parti restano ancora distanti.
Tuttavia, le preoccupazioni non mancano. Molti hanno accusato Trump di aver concesso a Putin un palcoscenico globale senza avere nulla in cambio, considerando che, nonostante il mandato di
arresto emesso nei confronti del presidente russo dalla Corte Penale Internazionale, l’immagine del leader accolto ufficialmente sul suolo americano ha consolidato la sua legittimità su scala globale, tanto che Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri tedesco, ha definito l’incontro di Anchorage come “la dimostrazione dei nuovi rapporti di potenza globali del XXI secolo, dove anche il presidente degli Stati Uniti accetta che l’impero russo è tornato”. [2]
Secondo il giornalista nonché storico Paolo Mieli, in un articolo del Corriere della Sera del 26 agosto scorso, l’atmosfera tra i due leader è apparsa così amichevole perché Putin “ha le carte per poter trattare il presidente degli Stati Uniti come un guardamacchine. Non sappiamo di che carte si tratti ma è fuor di dubbio che al Cremlino le abbiano” e con molta probabilità tale dichiarazione del giornalista fa allusione al Russiagate, ovvero alle ipotizzate interferenze russe nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
In questo modo, Putin ha mostrato al mondo che Mosca non è isolata, mentre Trump ha cercato di assumere la posizione di mediatore pacifico, pur ammettendo che le questioni decisive restano ancora aperte, rimandando la responsabilità a Volodymyr Zelensky, affermando che spetterà a Kiev e a Mosca decidere eventuali compromessi territoriali, sollevando così alcuni timori circa un possibile congelamento del conflitto a vantaggio di Mosca. In sostanza, la prospettiva evocata da Washington è quella di un successivo incontro a tre, forse in Europa, che includa Zelensky stesso, anche se per ora nulla è stato definito.
Tornando ad Anchorage, Putin ha ribadito quali sarebbero le condizioni per porre fine alla guerra, tra cui la rinuncia dell’Ucraina all’ingresso nella NATO, la neutralità permanente, l’allontanamento di Zelensky e la cessione di porzioni territoriali dell’Ucraina orientale che Mosca vorrebbe in cambio dell’accordo, ma si tratterebbe di presupposti che sono difficili da accettare per lo Stato ucraino ed è per questo che l’incontro in Alaska e i possibili incontri futuri sono stati interpretati dal ministro dell’Interno ucraino, Ihor Klymenko, come un modo per Putin “per protrarre la guerra, per far avanzare il suo esercito e poi negoziare da una posizione di forza. L’obiettivo strategico dei russi resta la distruzione del nostro Stato, infatti continuano a chiamarci l’ex Ucraina. […] Stanno cercando di risparmiare risorse e aumentare le capacità militari. Perciò ora accettano il gioco degli incontri multilaterali: sono cauti soprattutto per evitare nuove sanzioni”.[3]
Tuttavia, tra le pieghe del vertice è emersa una proposta cruciale, ovvero la possibilità di offrire a
Kiev delle garanzie di sicurezza simili a quelle previste dall’articolo 5 della NATO, il quale stabilisce che “un attacco armato contro uno o più di esse (fa riferimento ai Paesi che fanno parte dell’Alleanza Atlantica) in Europa o nel Nord America sarà considerato un attacco contro tutti”4e di conseguenza ciascun alleato si impegna a intervenire in aiuto del Paese attaccato, anche con l’uso della forza armata, al fine di ripristinare la pace.
Queste garanzie di sicurezza non formalizzerebbero un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica ma rappresenterebbero per il territorio ucraino una rete di protezione contro future aggressioni e, quindi, un compromesso che risponderebbe in parte alle richieste russe di neutralità e alla necessità ucraina di non restare senza tutela.
Dopo l’Alaska, la risposta europea passa da Washington
Il 18 agosto scorso, pochi giorni dopo “il fiasco di Anchorage”,[4]si è tenuto a Washington prima un meeting tra Trump e Zelensky verso l’ora di pranzo e successivamente un altro vertice tra i due presidenti e gli altri sette leader europei Von der Leyen, Meloni, Macron, Merz, Stubb, Starmer e Rutte.
Durante il vertice, Trump ha proposto un successivo incontro trilaterale con Putin e Zelensky tra una o due settimane, mentre i leader europei hanno sottolineato l’importanza di non indebolire il
sostegno a Kiev, di evitare concessioni territoriali che legittimino l’occupazione russa e soprattutto hanno sottolineato la necessità di trovare un accordo e un contestuale cessate il fuoco immediato, tanto che il cancelliere tedesco Merz ha affermato che “non riesco a immaginare il prossimo incontro senza un cessate il fuoco”.[5]
Zelensky, dal canto suo, ha insistito sulla necessità di mantenere l’integrità territoriale dell’Ucraina e ha accolto positivamente la discussione sulle garanzie di sicurezza come strumento per consolidare il futuro del Paese, anche se poi bisognerà vedere se tali garanzie saranno veramente attuabili, dato che per Mosca rappresenterebbero comunque una minaccia, in quanto
rafforzerebbero la presenza militare delle forze occidentali nell’area ucraina. Sostanzialmente, il vertice di Washington non ha portato a un accordo immediato, ma ha rappresentato un passaggio rilevante nel riaffermare il ruolo dell’Europa come partner indispensabile nel segnare l’inizio di un possibile negoziato più ampio sulle condizioni di una pace che, al momento, resta ancora lontana.
L’arduo cammino verso una pace credibile
In sostanza, gli incontri di Anchorage e di Washington hanno mostrato al mondo la possibilità di un dialogo tra le potenze, anche se al momento restano ancora molti dubbi. Quello che è certo è che Putin ha già ottenuto ciò che voleva, ovvero essere accolto come interlocutore legittimo sul suolo americano, nonostante un mandato di arresto internazionale, mentre Trump ha fatto vedere ancora una volta la sua inclinazione a trasformare la diplomazia in spettacolo, cercando di imporsi come l’unico interlocutore per arrivare alla pace.
Secondo Paolo Mieli spetterebbe ai Paesi “volenterosi”[6]prendere in mano la situazione e non lasciare le redini agli Stati Uniti, anche se “farebbero bene a chiarire come si articola la loro catena di comando, quale effetto avrebbe un cambio di maggioranza in uno o più d’uno dei loro Paesi e soprattutto come si entra in questo club. C’è una tessera d’ingresso che impegna a determinati comportamenti o c’è una porta girevole da cui si entra e si esce a proprio piacimento?”8
La promessa di garanzie di sicurezza per Kiev può sembrare un compromesso innovativo, ma rischia di essere l’ennesima illusione se non sarà accompagnata da una reale volontà politica di difendere l’Ucraina sul lungo periodo, rischiando di andare verso un “cessate il fuoco” che legittimi di fatto le conquiste territoriali russe, le quali corrispondono a circa un quinto del territorio ucraino. Dunque, la vera domanda non è se ci sarà un nuovo incontro trilaterale tra Trump, Putin e Zelensky nelle prossime settimane, ma se l’Occidente ha la forza e le abilità necessarie per trasformare le trattative in un percorso di pace duraturo o se, ancora una volta, la diplomazia finirà per essere solo una messinscena, utile a guadagnare tempo e intese, lasciando l’Ucraina sempre più esposta e indifesa.
[1] Smith D. “Nessun accordo e nessuna risposta dopo i brevi colloqui tra Trump e Putin sull’Ucraina in Alaska”, The Guardian, 16 agosto 2025.
[2] Valentino P., “Il minuetto Donald – Putin segna una svolta epocale. Lo sforzo degli europei? Necessario, ma ora inutile”, Corriere della sera, 20 agosto 2025, pag. 6.
[3] Fubini F., “ Putin non vuole negoziare ma avanzare ancora”, Corriere della sera, 24 agosto 2025, pag. 5 4 Articolo 5 della NATO, https://www.comitatoatlantico.it/documenti/trattato-nord-atlantico/.
[4] Mieli P., “La pace e il paradosso Trump”, Corriere della sera, 26 agosto 2025, pag. 32.
[5] Mazza V., “Trump: Proteggeremo Kiev. Poi la telefonata a Putin”, Corriere della sera, 19 agosto 2025, pag. 2.
[6] Mieli P., “La pace e il paradosso Trump”, Corriere della sera, 26 agosto 2025, pag. 32 8 Ibidem.
Sitografia:
“Prossima volta a Mosca?”: cinque spunti di riflessione dopo il vertice tra Trump e Putin in Alaska, 16 agosto 2025, Trump and Putin Alaska summit: Five takeaways from the meeting.
Nessun accordo e nessuna risposta dopo i brevi colloqui tra Trump e Putin sull’Ucraina in Alaska, 16 agosto 2025, Nessun accordo e nessuna risposta dopo i brevi colloqui tra Trump e Putin sull’Ucraina in Alaska | Donald Trump | The Guardian.
L’incontro in Alaska è andato benissimo per Putin, 16 agosto 2025, L’incontro in Alaska è andato benissimo per Putin – Il Post.

Laureata con lode in International Relations in the Digital Era alla LUMSA con una tesi sui rischi di recesso di alcuni Paesi dalla CEDU, frequenta un master di II livello in Geopolitica e Sicurezza Globale. Collabora con WFP Italia nella comunicazione e pratica atletica a livello agonistico, affiancando allo studio l’impegno sportivo con costanza.