LO SPAZIO COME NUOVO CONTINENTE

Negli ultimi decenni lo spazio è passato da essere un’arena della competizione ideologica tra superpotenze, a diventare un dominio strategico e operativo a tutti gli effetti. Dai primi satelliti artificiali agli attuali progetti di colonizzazione lunare e marziana, lo spazio ha gradualmente assunto una centralità crescente nelle dinamiche di potere globale. L’evoluzione tecnologica, unita alla crescente interdipendenza tra applicazioni civili, economiche e militari, ha trasformato l’orbita terrestre in una nuova estensione dell’infrastruttura critica terrestre.

La definizione dello spazio come “nuovo continente”,[1] formulata dal giornalista e divulgatore scientifico Emilio Cozzi, ne è la spiegazione perfetta;  perché esso, oggi più che mai, è una rappresentazione estensiva delle normali attività umane. Non esiste una reale differenza tra ciò che possiamo fare e sulla terra e ciò che potremo fare in orbita. Basti pensare che oggi lo spazio ospita le infrastrutture che rendono possibili le telecomunicazioni globali, la navigazione satellitare, la sorveglianza climatica, la difesa e il coordinamento militare. Tutto ciò avviene in un contesto in cui la linea di definizione tra dominio terrestre e dominio spaziale sembra sempre più invisibile.

Parallelamente, la dimensione spaziale è diventata un terreno di scontro geoeconomico. Oggi lo spazio non solo riguarda le attività che ci si possono fare ma anche le rarissime, costosissime e strategiche risorse che nasconde: uno degli esempi più eclatanti è l’asteroide 16 Psyche, considerato il più grande giacimento d’oro del Sistema Solare, ha un valore complessivo stimato di 100mila volte il PIL globale[2]. Poi ci sono le risorse che si possono definire astratte, che hanno contribuito all’innovazione umana in termini di ricerca, conoscenza e brevetti tecnologici, il programma Apollo che portò i primi uomini sulla Luna ne è un esempio. Ebbene queste capacità, questa conoscenza e queste risorse fisiche che stanno nello spazio indicano che il teatro spaziale, sfruttato e compreso a dovere, potrebbe amplificare quello che gli orizzonti dell’attività umana potrà raggiungere.

CHI CONTROLLA LO SPAZIO CONTROLLA LA TERRA

Chi ha le risorse tecnologiche e finanziarie che permettono di monitorare quello che noi sulla terra facciamo attraverso lo spazio assume vantaggi sotto diverse dimensioni del potere; in termini geoeconomici, geopolitici e militari.

Al giorno d’oggi il paese che ha le risorse più abbondanti e più avanzate sono di certo gli Stati Uniti e senza dubbio l’agenzia più finanziata in assoluto rimane la NASA con un budget richiesto per il 2025 intorno ai 25 miliardi [3]di dollari circa ben di più di quanti l’Europa spenda in 3 anni, il finanziamento europeo dell’ultimo triennio è stato attorno a circa 14 miliardi. Con il programma “Artemide”, portato avanti dalla NASA e da aziende di voli spaziali commerciali statunitensi, e la partnership di European Space Agency (ESA)Japan Aerospace eXplorationAgency (JAXA)Canadian Space Agency (CSA), gli USA si propongono di riportare equipaggi sulla Luna, con l’obiettivo a lungo termine di stabilirvi una presenza autosufficiente, di gettare le basi per permettere a società private di avviare un’economia lunare. Tuttavia, al momento sembra che ci sia qualche ritardo nel raggiungimento degli obiettivi dettati dal programma, del quale si parla molto, ma si vede poco, tant’è che la missione “Artemide II”, per esempio, dalla previsione iniziale di aprile è stata rimandata a settembre 2025. In tale ambito ci si chiede, se eventuali nuovi obiettivi dell’Amministrazione Trump 2.0 possano aver rimesso in discussione il programma “Artemide” e, con esso, il contributo europeo, a favore di iniziative similari ma condotte da attori privati, come Space X.

Il programma “Artemide” appare particolarmente attraente, visto che è stato sottoscritto da ben 53 paesi[4]. In tale ambito il blocco occidentale ha aderito quasi totalmente e l’elenco dei firmatari vede anche molti paesi emergenti, come l’India e il Brasile, formalmente appartenenti ai BRICS.

In risposta al programma “Artemide”, la Cina sta sviluppando il proprio programma spaziale con eccezionale regolarità, raggiungendo sistematicamente ciascuna delle scadenze previste dal calendario, con l’obiettivo di portare un astronauta cinese sulla Luna entro il 2029, indispensabile e propedeutico all’installazione della base permanente ILRS (International Lunar Research Station) sul nostro satellite naturale.

Tuttavia, l’appoggio di Pechino all’aggressione di Mosca contro Kiev preclude ai cinesi ogni collaborazione di livello avanzato con i principali fornitori occidentali di tecnologia spaziale come Stati Uniti, Italia e Francia e ciò potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla missione Chang’e-7, attualmente prevista per il 2026, che potrebbe subire ritardi a causa di possibili problemi di approvvigionamento del materiale necessario per il Rover “Rashid-2”. Un ritardo che potrebbe far slittare in avanti tutto il programma cinese.

Ma il programma cinese ha anche un altro obiettivo. Pechino, infatti, vuole dimostrare di essere in grado di sfidare efficacemente l’Occidente, proponendosi come leader indiscusso dei BRICS (acronimo dell’aggregato geoeconomico costituito dal Brasile, dalla Russia, dall’India, dalla Cina e  dal Sudafrica, formato per contrapporsi alle potenze geoeconomiche occidentali).

Sotto tale aspetto, la competizione spaziale tra USA e Cina richiama alla mente il confronto tra USA e USSR durante la Guerra Fredda. In tale ambito non si può fare a meno di notare il diverso approccio verso l’esterno da parte dei due attori principali. Ora come allora, gli USA stanno prediligendo la cooperazione internazionale, integrando molti paesi nel programma.

La Cina, invece, come l’Unione Sovietica di allora, procede in maniera sostanzialmente indipendente, avendo come obiettivo principale la creazione di un solido programma spaziale nazionale. La maggior parte dei 13 paesi aderenti all’ILRS[5], infatti, non hanno alcuna esperienza di esplorazione spaziale e, quindi, l’apporto tecnico-scientifico non cinese è piuttosto basso, se non sostanzialmente nullo. Pur cercando di ampliare la base di sostegno per il suo programma spaziale Pechino, probabilmente, non esercita la stessa attrattiva di Washington e conseguentemente rappresenta la (sola) vera locomotiva tecnologica dell’iniziativa, visto l’evidente grave rallentamento delle attività spaziali russe.

GLI ALTRI ATTORI

Menzione d’onore, e può rimanere solo tale, alla Russia che non ha più le capacità operative dell’Unione Sovietica. In altre parole, la Russia non è in grado di sfidare direttamente il dominio americano nello spazio come ai tempi dell’URSS, per ragioni tecnologiche ed economiche. Mosca, dunque, si dedica a ‘piccoli’ lanci (sono 17 i lanci orbitali nel 2024, segnando uno dei livelli più bassi delle sue attività spaziali almeno dagli anni ’60 con una flessione di circa l’11% rispetto ai 19 del 2023; questo rappresenta solo il 7 % del totale dei lanci globali) e ad azioni di “pirateria spaziale”, nel senso che, sempre più spesso, alcuni suoi satelliti in disuso o altri oggetti spaziali vengono lasciati vagare o fatti esplodere nello spazio, nella consapevolezza che potrebbero danneggiare infrastrutture nemiche. Come accaduto il 27 giugno 2024, quando un rilascio anomalo di detriti di un satellite russo nella bassa orbita ha costretto la Stazione Spaziale Internazionale a manovre straordinarie mettendo in pericolo 9 astronauti.[6]

Se i piani di New Delhi verranno rispettati, quest’anno l’India potrebbe essere il quarto paese a organizzare e gestire autonomamente l’invio di esseri umani nello spazio. Una tappa politica e strategica rivolta principalmente agli ingombranti vicini, Cina e Pakistan, con i quali l’India ha vecchie questioni irrisolte. Tuttavia, tale risultato potrebbe efficacemente rappresentare il suo primo capitolo di una politica spaziale estremamente ambiziosa, come ricordato più volte dal Premier indiano Narendra Modi. Durante una di queste conferenze stampa, sull’onda dell’entusiasmo per il riuscito allunaggio della sonda Chandrayaan-3 vicino al Polo Sud lunare, impresa mai riuscita prima a USA, Russia o Cina, ha evidenziato come vorrebbe riuscire a completare entro il 2035 il programma della “Bharatiya Antariskha Station”, la stazione spaziale indiana, a inviare il primo astronauta sulla Luna per il 2040 e a costruirvi una base permanente entro il 2050. In tal modo l’India intende offrire ai paesi non allineati una alternativa ai modelli cinese e statunitense.

Anche Tokyo ha messo nel mirino la Luna. La missione SLIM (Smart Lander for Investigating Moon) è giunta sul suolo del nostro satellite naturale, permettendo ai suoi due moduli lunari – Lunar Excursion Vehicle LEV 1 e 2 – di effettuare rilevazioni a scopo scientifico. Il Giappone è così diventato il quinto paese ad aver portato con successo un mezzo sulla superficie del nostro satellite, dopo Stati Uniti, Russia, Cina e India.

Tra le principali ragioni da sottolineare che scaturiscono un interessamento quasi ossessivo da parte dei vari Stati nei confronti dell’obbiettivo di un possibile insediamento sul satellite naturale terreste, è per l’estrazione di terre rare che oggi rappresentano un nodo nevralgico della geopolitica mondiale. Il problema di questi 17 elementi fondamentali non è la loro effettiva rarità ma la loro forte concentrazione in delimitate zone del nostro pianeta, e la loro catena del valore che è padroneggiata da principalmente un paese: la Cina. Quando si mette in chiaro che un determinato vantaggio geoeconomico sia in mano ad un unico stato si capisce che tipo di potere darebbe l’estrazione di queste risorse.

In questo scenario, si deve necessariamente innestare la grossa novità della Space Race attuale rispetto a quella che contrappose l’Unione Sovietica agli Stati Uniti negli anni 50-60, il ruolo dei competitor privati di cui SpaceX ne rappresenta la punta dell’iceberg. Privatizzazione introdotta dalla prima amministrazione Obama; SpaceX ne è stata pioniera, introducendo razzi riutilizzabili come il Falcon 9, che hanno abbattuto drasticamente i costi di lancio da 65.000 dollari al kg a circa 2-3.000 dollari al kg. Abbattendo una delle principali barriere che limitavano l’accesso allo spazio. L’azienda di Elon Musk ha collaborato con la NASA, sino a diventarne il principale contractor e l’agenzia spaziale americana, e non solo, ora è letteralmente dipendente dalla tecnologia di SpaceX per trasportare astronauti e rifornimenti alla Stazione Spaziale Internazionale, stabilendo un nuovo standard per le missioni orbitali.

IL CASO EUROPEO

L’industria spaziale europea si trova a un bivio cruciale, tra la necessità di maggiore integrazione e le sfide poste dalla competizione globale. La sua struttura decentralizzata, riflette la diversità politica del continente ma genera inefficienze, duplicazioni e una governance complessa. La frammentazione, soprattutto nel settore dei lanciatori, ha ostacolato la definizione di una strategia unitaria, mentre Stati Uniti e Cina avanzano con modelli centralizzati e forti investimenti pubblici.

Dal 1975, l’Esa ha rappresentato un primo tentativo di cooperazione, con 22 membri. Parallelamente, l’Unione Europea ha promosso programmi come Galileo e Copernicus, dimostrando la capacità di successo della collaborazione sovranazionale. Tuttavia, la moltiplicazione dei centri decisionali tra Esa, UE e agenzie nazionali limita l’efficienza[7]. Fusioni e partnership hanno portato alla nascita di grandi gruppi come Airbus Defence and Space e Ariane Group, ma nel settore satellitare permangono linee produttive ridondanti.

A pesare ulteriormente è il divario negli investimenti: nel 2023, l’UE ha stanziato circa 13,8 miliardi di euro contro i 64 miliardi degli USA. Per colmare il gap servono strategie comuni e investimenti coordinati.[8]

Questi eventi hanno riacceso il dibattito sull’autonomia strategica e spinto verso il debutto dei nuovi lanciatori Ariane 6 e Vega-C, nonostante ritardi significativi. La dipendenza da lanciatori statunitensi ha mostrato la necessità di rafforzare l’accesso indipendente allo spazio. La nuova strategia UE per la sicurezza e la difesa spaziale sottolinea l’urgenza di una maggiore coesione per proteggere infrastrutture orbitali e garantirne un uso sicuro.

Guardando al futuro, l’Europa deve decidere se consolidare e integrare il settore per competere globalmente o rischiare di rimanere irrilevante. Un’industria spaziale più coesa potrebbe sviluppare lanciatori e sistemi satellitari autonomi e conquistare un ruolo da protagonista nell’esplorazione. Al contrario, la frammentazione potrebbe aumentare la dipendenza da attori esterni e ridurre l’influenza politica europea. La creazione di un’agenzia spaziale federale europea potrebbe armonizzare le politiche nazionali e guidare il settore verso un futuro competitivo, innovativo e autonomo. L’Italia ha l’opportunità di contribuire in modo decisivo a questo processo.

ITALIA, BOUTIQUE DI ECCELLENZA O POTENZA SPAZIALE IN ASCESA?
L’Italia ha da sempre avuto un ruolo significativo nella storia dello spazio. È stata il terzo Paese al mondo, dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, a mettere in orbita un satellite proprio: il San Marco 1, nel 1964[9]. Sebbene lanciato da una base statunitense, si trattava di un progetto interamente italiano per quanto riguarda costruzione e controllo. Questo esordio precoce ha segnato l’inizio di una lunga tradizione che ha reso l’Italia una delle poche nazioni al mondo con una filiera spaziale completa, capace di coprire l’intero ciclo: progettazione, produzione, lancio e utilizzo dei dati.

L’Italia produce[10] razzi (come il Vega e Vega-C, sviluppati a Colleferro), costruisce satelliti all’avanguardia, in particolare quelli dotati di SAR (radar ad apertura sintetica), che permettono l’osservazione della Terra anche in condizioni meteorologiche difficili o in assenza di luce. Inoltre, vanta una leadership mondiale nella realizzazione di moduli abitabili spaziali: più della metà del volume pressurizzato della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è stato realizzato in Italia, incluso il celebre modulo Cupola, costruito a Torino.

Anche sul fronte delle applicazioni spaziali l’Italia eccelle: dalla previsione meteo al monitoraggio delle infrastrutture critiche, dal controllo dei confini alla gestione di emergenze ambientali. Queste capacità rendono il settore spaziale italiano non solo tecnologicamente avanzato, ma anche rilevante per la sicurezza nazionale e civile.

Tuttavia, esistono criticità strutturali e politiche. Pur essendo il terzo contributore economico all’Agenzia Spaziale Europea (ESA), l’Italia non ha mai espresso un Direttore Generale dell’ente[11]. Alcuni ruoli di rilievo – come il Direttorato per l’Osservazione della Terra, affidato a Simonetta Cheli, e il Centro ESRIN di Frascati – sono gestiti da italiani, ma il peso politico complessivo non riflette il livello di investimento e competenza. Ciò evidenzia una sottorappresentazione istituzionale, che andrebbe colmata per rafforzare la posizione italiana nelle sedi decisionali europee.

Parallelamente, l’intera Europa spaziale vive un momento delicato. L’epoca dell’Ariane 5, protagonista nei lanci commerciali globali, è finita. Il ritardo del programma Ariane 6 e l’interruzione del servizio Soyuz dalla Russia hanno evidenziato la fragilità del sistema europeo. Per oltre un anno, l’Europa è rimasta senza lanciatori autonomi operativi. Il Vega-C, nonostante il recente successo dopo il fallimento del 2022, deve ancora dimostrare piena affidabilità. Inoltre, nessuno dei lanciatori europei è riutilizzabile, lasciando un gap tecnologico di almeno dieci anni rispetto a SpaceX e al suo Falcon 9.

In questo scenario, si insinua un rischio: che l’Italia, nonostante l’eccellenza tecnica e industriale, resti una “boutique spaziale”, ovvero un produttore di alta gamma da cui clienti esterni – come gli Stati Uniti o la Cina – acquistano competenze e moduli, senza che il Paese tragga da ciò un ruolo strategico proporzionato. Il timore è quello di essere fornitori di lusso piuttosto che decisori geopolitici.

Non mancano però i segnali positivi. Tutti i Governi italiani degli ultimi anni hanno incrementato gli investimenti pubblici nel settore spaziale, senza distinzioni ideologiche. Il Governo attuale ha annunciato la volontà di sviluppare una costellazione satellitare nazionale in orbita bassa, orientata alla sicurezza e alla protezione civile, per affiancare – o anticipare – i grandi programmi europei come IRIS. Si discute anche della possibilità di accordi bilaterali con fornitori esterni, come Starlink, per garantire continuità e sicurezza delle comunicazioni strategiche.

Un esempio concreto di questa nuova ambizione è il successo del 2025 con il lancio di sette satelliti italiani. La missione H.E.R.M.E.S., composta da sei CubeSat[12], è stata realizzata da ASI, INAF, Politecnico di Milano e Università di Cagliari, ed è stata lanciata con successo su un razzo Falcon 9. I satelliti, in orbita sole-sincrona, rilevano fenomeni cosmici ad alta energia, come i lampi gamma, contribuendo alla ricerca nel campo dell’astrofisica multi-messaggera. Questa missione, oltre all’alta valenza scientifica, mostra l’efficacia italiana nel progettare e gestire tecnologie spaziali di nuova generazione.

A gennaio, è stato inoltre lanciato Hawk, il primo satellite del programma IRIDE[13], con sensori ottici per l’osservazione della Terra a supporto della protezione civile. Queste due missioni confermano che l’Italia non solo costruisce eccellenze, ma inizia a costruire anche strategie. Le orbite di H.E.R.M.E.S. e IRIDE rappresentano più che un traguardo tecnico: sono simboli di una sovranità crescente, e di un’ambizione geopolitica che mira a posizionare l’Italia tra i decisori, non solo i fornitori, del futuro spaziale europeo e globale.

L’Italia si trova quindi a un bivio: può scegliere di rimanere un centro di eccellenza tecnico-industriale, ma subordinato nelle scelte strategiche, oppure cercare di affermarsi come un attore pienamente sovrano e integrato nella governance spaziale europea. Per riuscirci, servirà una visione condivisa, una diplomazia spaziale più assertiva e una valorizzazione politica delle competenze industriali già presenti. In quest’ottica si inserisce anche la nuova legge nazionale sullo spazio[14], approvata nel 2024, la prima in Italia a definire un quadro normativo organico per le attività spaziali. Il provvedimento introduce un sistema di autorizzazioni, standard tecnici, assicurazioni obbligatorie e un Fondo per la space economy, volto a sostenere ricerca, innovazione e infrastrutture. Si tratta di un passo strategico per rafforzare la sovranità tecnologica e dare al Paese strumenti adeguati a competere tra i grandi attori della nuova corsa allo spazio.

TRA CONQUISTA E COESISTENZA

Il futuro dello spazio non è più un capitolo di fantascienza, ma una partita geopolitica concreta e imminente. Lo spazio ormai rappresenta la quarta dimensione del potere, dopo mare, terra e cielo. I prossimi due decenni vedranno il consolidarsi di presenze umane e infrastrutture permanenti sulla Luna, forse su Marte, e una crescente militarizzazione dell’orbita terrestre. L’ingresso di attori privati ha rivoluzionato le logiche d’accesso e controllo, aprendo opportunità ma anche accentuando le diseguaglianze strategiche tra chi può permettersi lo spazio e chi no.

Per l’Italia e l’Europa, questo significa scegliere tra irrilevanza e ambizione: la prima è la strada dell’attendismo e della frammentazione, la seconda è quella dell’investimento, della cooperazione sovranazionale, dell’unità di intenti e della visione strategica. L’Italia, con le sue competenze tecniche e la sua filiera completa, ha tutte le carte in regola per diventare non solo una “boutique di eccellenza”, ma un polo sovrano nella costruzione del nuovo ordine spaziale europeo.

Se “chi controlla lo spazio controlla la Terra”, allora diventa imperativo decidere chi vogliamo che controlli lo spazio: pochi attori egemoni, oppure una comunità internazionale capace di definire nuove regole di convivenza e sostenibilità fuori dall’atmosfera terrestre?


[1] Emilio Cozzi, Geopolitica dello spazio; 2025;

[2]Fondazione Leonardo; 16 Psyche, l’asteroide miliardario: il viaggio verso il satellite d’oro;

2024; https://www.fondazioneleonardo.com/stories/16-psyche-lasteroide-miliardario-il-viaggio-verso-il-satellite-doro;

[3] Il sole 24ore; Leopoldo Benacchio; Nasa, ecco cosa c’è nel bilancio da 25,4 mld $ per la corsa allo spazio

; 2024; https://www.ilsole24ore.com/art/nasa-ecco-cosa-c-e-bilancio-254-mld-$-la-corsa-spazio-AG8f06o;

[4] NASA; The Artemis Accords; 2019;https://www.nasa.gov/artemis-accords/

[5] Difesa Online; Renato Scarfi; Geopolitica ed esplorazione spaziale; 2025; https://www.difesaonline.it/news-forze-armate/spazio/geopolitica-ed-esplorazione-spaziale

[6]  Corriere della Sera; Redazione LOGIN; Esplode un satellite russo in disuso: 9 astronauti della Stazione Spaziale Internazionale rischiano di essere colpiti dai detriti spaziali; 2024; https://www.corriere.it/tecnologia/24_giugno_27/iss-esplode-un-satellite-russo-in-disuso-9-astronauti-rischiano-di-essere-colpiti-dai-detriti-spaziali-86878202-a376-4e84-a888-0a7edef3dxlk.shtml?refresh_ce

[7] Space economy 360; Alessandro Sannini; L’industria spaziale europea a un bivio cruciale: è ora di scelte decisive; 2024; https://www.spaceconomy360.it/politiche-spazio/lindustria-spaziale-europea-a-un-bivio-cruciale-e-ora-di-scelte-decisive/;

[8] Space news; Jeff Foust; ESA seeks better coordination of European space spending; 2024;

https://spacenews.com/esa-seeks-better-coordination-of-european-space-spending/;

[9] Ansa; Giandomenico Taricco; L’Italia da 60 anni nello spazio, il 15 dicembre 1964 il lancio del San Marco 1; 2024;https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/spazio_astronomia/2024/12/15/litalia-da-60-anni-nello-spazio-il-15-dicembre-1964-il-lancio-dei-san-marco_f9bf4716-426b-49d0-966c-d916cece6547.

[10] Agenzia Spaziale Italiana (ASI); https://www.asi.it/;

[11] European Space Agency; https://www.esa.int/;

[12] Associazione Spaziale Italiana; Una piccola costellazione di Cubesat per una grande scienza; 2025; https://www.asi.it/2025/03/una-piccola-costellazione-di-cubesat-per-una-grande-scienza/

[13] European Space Agency; Il programma italiano IRIDE compie un passo avanti con la prima costellazione di satelliti; 2025; https://www.esa.int/Space_in_Member_States/Italy/Il_programma_italiano_IRIDE_compie_un_passo_avanti_con_la_prima_costellazione_di_satelliti#:~:text=Il%20lancio%20da%20parte%20di,quattro%20ore%20dopo%20il%20lancio.

[14] Ministero delle Imprese e del Made in Italy; CdM: Approvata la prima Legge Italiana sullo Spazio; 2024; https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/cdm-approvata-la-prima-legge-italiana-sullo-spazio#:~:text=Il%20Consiglio%20dei%20ministri%2C%20su%20proposta%20del%20ministro,quadro%20italiana%20sullo%20Spazio%20e%20sulla%20Space%20Economy.

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