Il futuro del Papa e del Vaticano
Papa Francesco

L’importanza della geopolitica vaticana

Negli scenari geopolitici mondiali e negli studi delle relazioni internazionali viene spesso dimenticato uno degli attori più influenti a livello globale, che all’assenza dei fattori di potenza tradizionali degli Stati sopperisce con uno dei più grandi esercizi di soft power della terra: la Santa Sede. Con gli oltre 1,3 miliardi di fedeli presenti in ogni continente, il Vaticano esercita un’influenza morale, diplomatica e politica che nulla ha a che vedere con il suo essere lo Stato più piccolo del mondo; di questo ne è ben consapevole l’Italia, che nell’ultimo G7 svolto a Borgo Egnazia ha invitato per la prima volta nella storia del forum intergovernativo il Papa.

La geopolitica della Santa Sede si distingue per le fondamenta del suo potere, che è basato più sulla spiritualità che su elementi materiali, ma ciò non significa che non si fondi, come tutte le forme di potere, sul consenso. Il Papa, come guida spirituale ma soprattutto temporale della Chiesa nel mondo, deve infatti fare i conti con il consenso globale che varia nei decenni e soprattutto tra i continenti.

Durante il papato di Francesco, il Vaticano ha avuto un evidente cambiamento nelle sue politiche e nel focus della missione: l’attenzione si è spostata sempre più verso le periferie del mondo, verso il “sud globale” ridefinendo la strategia Geopolitica Vaticana e ponendo lo Stato Pontificio come interlocutore privilegiato per le crisi globali. Questo ha lasciato disillusi quanti, con l’arrivo di Bergoglio – il primo papa proveniente dal continente americano – lo avevano interpretato come il Pontefice dell’Occidente, trascurando invece la sua vera natura di Pastore del Sud del mondo.

Il papato di Francesco è giunto alla fine?

Oggi, il futuro della Chiesa si trova però ad un bivio: Francesco è sofferente per via dell’età e della salute precaria e la sua successione, arrivando ipoteticamente in questa fase estremamente complessa a livello geopolitico mondiale, acquisisce ancora più importanza.

Nelle ultime settimane, le condizioni di salute del Santo Padre si sono infatti ulteriormente complicate, suscitando preoccupazione tra i fedeli di tutto il mondo; nonostante la sua tenacia, le imposizioni mediche renderanno l’esercizio della sua Missione molto complicato e questo potrebbe portare, in casi estremi, alla rinuncia, seguendo la strada percorsa dal suo predecessore Benedetto XVI. In questo caso, o nello scenario peggiore della dipartita del Pontefice, si aprirebbero le porte della cappella Sistina ai Cardinali elettori per lo svolgimento del Conclave. I porporati, guidati per i credenti dallo Spirito Santo, sarebbero dunque chiamati a eleggere un nuovo Papa, ma dietro questa decisione si nascondono anche strategie politiche e visioni diverse sul futuro della Chiesa nel mondo.

La visione geopolitica di Francesco: un cambio di paradigma

L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio nel 2013 ha infatti segnato un profondo cambiamento nella geopolitica della Santa Sede: fin dal primo giorno il Papa ha iniziato a tracciare un cammino che spostasse lo sguardo della Chiesa verso il Sud del mondo e verso l’Est, in linea con l’espansione demografica del cattolicesimo in queste aree.

L’attenzione di Francesco si è concentrata sui temi della giustizia sociale, delle migrazioni, del cambiamento climatico e della povertà, cercando di dare voce alle popolazioni più vulnerabili. Questo cambio di paradigma è stato evidente anche nelle nomine cardinalizie (che vedremo più avanti), nella Diplomazia Vaticana e nelle prese di posizione del Papa sui principali conflitti internazionali.

Uno dei momenti chiave della visione del Santo Padre è stata la pubblicazione di Fratelli Tutti, ritenuta la prima enciclica “post-occidentale” (da non intendere come rifiuto dell’Occidente, ma come apertura ad un mondo più plurale e multiculturale). Bergoglio ha quindi promosso un modello di Chiesa più globale, capace di dialogare con le grandi potenze ma anche con i paesi emergenti.

La terza guerra mondiale a pezzi

Papa Francesco negli ultimi 10 anni ha più volte utilizzato l’espressione “terza guerra mondiale a pezzi” per evidenziare il difficile contesto geopolitico globale segnato da numerosi conflitti locali, i quali, pur sembrando separati tra loro, sono in realtà sintomi di un’unica crescente instabilità mondiale che porta il mondo verso un progressivo deterioramento della pace.

Ciò che unisce i conflitti che si sono susseguiti in questi anni, secondo il Pontefice, è infatti la loro dimensione globale, evidenziando come gli effetti di queste guerre regionali travalichino i confini locali per influenzare le dinamiche internazionali.

Questa visione del Papa diventa ancora più evidente quando si guarda ai conflitti che hanno segnato il suo pontificato, come la guerra in Ucraina ed il conflitto israelo-palestinese.

La visione di Francesco nei conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese

L’approccio della Chiesa di Francesco ai conflitti in Ucraina ed in Medio Oriente è stato fortemente improntato sulla diplomazia della neutralità, causando reazioni contrastanti e proteste dalle parti in causa.

Nel caso del conflitto russo-ucraino, Francesco ha percepito quest’ultimo come l’elemento che potrebbe risultare completante di quella famosa “terza guerra mondiale a pezzi”, per questo fin dal primo anno di conflitto ha lanciato una vastità di appelli per la pace mai vista prima per un Papa, continuando a cercare nel contempo una via diplomatica, non escludendo quindi neanche un dialogo con Mosca. [1] Quest’ultima posizione del Vaticano è stata accolta molto negativamente da Kiev, che l’ha interpretata come un’equidistanza tra le parti, soprattutto dal momento in cui il Santo Padre avrebbe scelto di non benedire la controffensiva ucraina, rifiutando l’idea di poter concedere un riconoscimento di “guerra giusta”. [2]

L’apertura di Francesco al dialogo con Mosca idealmente avvicinerebbe oggi la sua posizione a quella tenuta dal neo Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump (personaggio con il quale Bergoglio ha sempre avuto divergenze nette di vedute) il quale ha concretamente riaperto il canale comunicativo con la Russia di Putin.

L’approccio della Chiesa su questa crisi si discosta ulteriormente dalle posizioni occidentali, come risulta ancora più evidente nel caso del conflitto mediorientale.

Il conflitto israelo-palestinese ha infatti acutizzato le tensioni già esistenti tra Vaticano ed Israele: la Santa Sede riconobbe la Palestina come Stato nel 2012 (anche se non si trattò di un pieno riconoscimento diplomatico) e tuttora sostiene la soluzione dei “due Popoli due Stati”. A seguito dell’attacco di Hamas si sono dunque riaccese le polemiche, in quanto la Chiesa, almeno nei primi mesi successivi all’escalation, si è astenuta del condannare direttamente l’organizzazione terroristica, evitando addirittura di pronunciarne il nome. La posizione del Vaticano ha suscitato dunque critiche aspre da parte di Tel Aviv soprattutto a seguito delle dichiarazioni del Segretario di Stato Cardinal Parolin riguardanti la “carneficina di Gaza” e la richiesta di proporzionalità da parte di Israele. [3]

Risulta, anche in questo caso, evidente il posizionamento geopolitico del pontificato di Francesco non certamente in linea con le visioni occidentali ma strettamente legato invece ad una giustizia equa tra le parti senza condizionamento alcuno.

La redistribuzione dei Cardinali

Per plasmare il futuro della Chiesa Francesco ha provveduto a cambiare la consistenza geografica del Collegio Cardinalizio. Ad oggi, su un totale di 138 Cardinali elettori, ben 110 sono stati “creati” da Bergoglio, il quale ha spostato in questo modo il baricentro della Chiesa verso le periferie, riducendo così l’importanza storica europea ed occidentale.

Significativo in tal senso è il dato che emerge relativamente all’incremento del peso di Africa ed Asia, che insieme contano ben 42 Cardinali, mentre l’Europa scendendo al 39% del totale risulta ben lontana dalla maggioranza assoluta che aveva fino ad un decennio fa.

Vatican.va; Composizione dei Cardinali per area geografica, Tabella per Continenti; https://press.vatican.va/content/salastampa/it/documentation/cardinali—statistiche/composizione-per-area.html

È sorprendente invece pensare che Paesi come il Myanmar e la Mongolia, all’interno dei quali il peso dei cattolici sulla popolazione è rispettivamente del 1% e 0,4%, abbiano un Cardinale elettore al pari di nazioni storicamente cattoliche come Belgio e Croazia. [4] Questo dimostra ulteriormente la volontà di Francesco di internazionalizzare il Collegio Cardinalizio a favore delle regioni del mondo in cui il cattolicesimo, seppur ancora minoritario, è in espansione.

Da dove verrà il prossimo Papa?

La composizione attuale del Collegio Cardinalizio e le dinamiche geopolitiche complesse in corso lasciano aperte diverse ipotesi sulla provenienza del prossimo Papa. Sebbene non sia possibile fare una previsione definitiva, è possibile analizzare la situazione alla luce dei cambiamenti apportati da Papa Francesco e la crescente globalizzazione della Chiesa.

La presenza di molti nuovi Cardinali provenienti dal Sud Globale, ad esempio da Africa e America del Sud, e dall’Oriente conferma l’importanza di queste regioni per il futuro della Chiesa post-occidentale. A livello continentale quindi si potrebbe ipotizzare che il prossimo Pontefice potrebbe essere asiatico o africano: l’Africa, con una popolazione cattolica in forte e continua crescita[5], ha visto un aumento significativo del numero di Cardinali negli ultimi anni; analogo discorso vale per l’Asia che ha addirittura più che raddoppiato la presenza di Porporati elettori rispetto al Conclave del 2013.[6] Il papabile potrebbe dunque arrivare ipoteticamente dal Sudafrica, per rispecchiare l’espansione della Chiesa verso il sud, o dalle Filippine, il Paese più cattolico dell’Asia.

Non è comunque da escludere la possibilità che torni ad essere eletto un Papa europeo o addirittura italiano, favorendo in questo caso un Cardinale moderato che possa portare in parte avanti le idee di Francesco mediando tra le correnti di pensiero progressiste e conservatrici all’interno della Chiesa.

Un Pontefice per la Pace nel Mondo

Quel che importa è che la scelta del prossimo Papa, guidata dallo Spirito Santo (per i credenti), debba ricadere su un leader capace di affrontare le sfide globali e di ricomporre le fratture interne alla Chiesa. Che provenga dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa o da qualsiasi altro continente, il nuovo Pontefice dovrà essere una figura che non solo comprenda le necessità spirituali dei fedeli, ma che sappia anche esercitare un ruolo incisivo nella diplomazia internazionale, restituendo alla Santa Sede la sua funzione di mediazione nei conflitti globali, lavorando per facilitare il dialogo e promuovere la pace in un mondo sempre più diviso e lacerato dai conflitti.


[1] Vecchi G.; Il Papa sulla Russia: «Il dialogo con l’aggressore puzza, ma si deve fare. Armi all’Ucraina? Difendersi quando necessario è amore di patria»; Corriere.it; 2015; https://www.corriere.it/esteri/22_settembre_15/papa-russia-il-dialogo-l-aggressore-puzza-ma-si-deve-fare-armi-all-ucraina-difendersi-quando-necessario-amore-patria-164e7844-3524-11ed-a19f-3ea486a8cbed.shtml.  

[2] Schiavazzi P.; Cappellano di Putin o Cappellano del Mondo; in LIMES – Lezioni Ucraine; 2023.

[3] Cernuzio S.; Terra Santa, Parolin: sdegno per la carneficina, serve coraggio per una soluzione, Vatican News, 2024; https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-02/parolin-ambasciata-italia-santa-sede-patti-lateranensi-guerra.html.

[4] Vatican.va; Composizione dei Cardinali per area geografica; https://press.vatican.va/content/salastampa/it/documentation/cardinali—statistiche/composizione-per-area.html.

[5] Segreteria di Stato Vaticana; Annuarium Statisticum Ecclesiae 2022; 2024.

[6] Vatican.va; Composizione dei Cardinali per area geografica; https://press.vatican.va/content/salastampa/it/documentation/cardinali—statistiche/composizione-per-area.html.

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5 commento su “GEOPOLITICA DEL CONCLAVE: IL FUTURO DEL PAPA E DEL VATICANO”
    1. Analisi approfondita e dettagliata! Credo sia stata l’unica persona che per la parte Occidentale del globo abbia cercato un equilibrio, aldila’ delle varie derivazioni ortodosse oltre il Fronte. L’Europa non ha avuto un ruolo, se non quello di controfigura ad un dittatore all’ ultimo miglio. Intorno al Pontefice, alla Santa Sede e ai valori fondanti degli Stati Uniti d’ Europa bisognava costruire e convergere, anche riscrivendo il Diritto Comunitario se necessario e riformulando articoli del Patto Nord Atlantico. Ennesima occasione persa, forse la piu’ ghiotta per riscrivere alcuni equilibri geopolitici in questo nuovo e burrascoso millennio.

  1. L’articolo fornisce una visione approfondita e ben documentata dell’approccio della Chiesa di Francesco ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, evidenziando la sua diplomazia della neutralità. Apprezzo l’analisi equilibrata della posizione del Papa, che, pur cercando un dialogo con Mosca, non ha ceduto alla retorica della “guerra giusta”, dimostrando una grande prudenza e impegno per la pace. Inoltre, la comparazione con la politica estera di Trump arricchisce la riflessione, mettendo in luce le divergenze nelle scelte diplomatiche globali. È un testo che stimola riflessioni importanti sul ruolo della Chiesa nella geopolitica contemporanea.
    Bravo Fabrizio!

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