INTRODUZIONE

Gli anni ‘20 del 2000 hanno reso evidente un marcato mutamento delle relazioni internazionali creando una fase di transizione e di incertezza. Un periodo che trova le sue radici nei 20 anni precedenti ma che si esplicita concretamente solo nel secondo decennio del nuovo millennio. La pandemia di Covid, la guerra russo ucraina, l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la conseguente reazione di Israele, la divisione dell’Occidente e l’allargamento del Brics sono tutti eventi che hanno accelerato i processi in atto e hanno posto nuovamente la geopolitica e la competizione di potenza al centro della politica internazionale.

In questo nuovo scenario l’unico modo per non essere condannati all’irrilevanza strategica è essere pienamente consapevoli del proprio spazio geografico e agire di conseguenza. Questo è ciò che prova a fare l’Italia con il Piano Mattei in uno dei principali scenari di competizione, ovvero l’Africa. Come ad inizio Novecento la corsa all’Africa appare una concreta attualità e l’esecutivo di Roma vuole giocare la sua parte nel continente sfruttando il proprio ruolo nel Mediterraneo.

PIANO MATTEI

Secondo la definizione fornita dal governo il Piano Mattei è: “Un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati africani, un documento programmatico- strategico volto a promuovere lo sviluppo in Stati africani, al fine di rafforzare la collaborazione tra l’Italia e gli Stati del continente”1.

I principali, ma non unici, settori in cui intende operare sono le infrastrutture strategiche, il rifornimento idrico e l’ambito energetico2.  Il Piano intende coordinare le azioni pubbliche e private italiane e assumere un atteggiamento non predatorio o neocoloniale, distaccandosi quindi dal recente passato. Allo stato attuale i paesi africani che collaborano col Piano sono 14 tra cui vanno segnalati l’Egitto, l’Etiopia, l’Algeria e la Repubblica del Congo.

Prende il nome da Enrico Mattei, partigiano e imprenditore italiano, celebre, soprattutto nel continente africano, per essere stato presidente dell’Eni. La scelta della denominazione è esemplificativa dell’approccio che l’Italia vuole mantenere nei confronti dei suoi potenziali partner africani, in quanto Mattei è sempre stato a favore della creazione di una partnership equa. Nel disegno del progetto vi è quindi una volontà̀ manifesta di distanziarsi dai metodi francesi disprezzati da numerose nazioni del continente. Porre fine alla Francafrique a favore di nuovi paradigmi e di una sostituzione della nazione transalpina come partner privilegiato europeo è uno dei punti fermi del governo italiano

 

SVOLGIMENTO E CRITICITÀ DEL PIANO

Nello scenario africano il conflitto tra potenze è attuale e appare evidente che l’Italia e l’Unione Europea abbiano perso terreno nei confronti dei rivali. Il ruolo di Paese egemone del continente è detenuto dalla Cina ma molte altre nazioni giocano un ruolo di primo piano. La Russia, soprattutto a seguito della caduta di Assad in Siria, ha rafforzato la sua presenza sul continente attraverso strumenti di Sharp Power e l’uso di Corpi Armati mercenari, tra cui la compagnia Wagner. La Turchia sfrutta il proprio soft power, caratterizzato dalla comune appartenenza alla fede islamica di molti paesi, per influenzare le dinamiche interne e per allargare la propria sfera d’influenza militare. Pechino, che, come detto, è il leader nel continente, attua importanti investimenti economici per la propria Belt and Road Initiative e per l’utilizzo delle infrastrutture sia in ambito economico che militare. Si aggiungono anche l’operato di nazioni come India, Giappone e USA a complicare ulteriormente il quadro3.

In questo scenario l’Europa si trova in difficoltà in quello che dovrebbe essere il focus principale per la sua politica estera. L’Italia del governo Meloni vuole porsi da capofila per le iniziative dell’Unione fungendo da catalizzatore della politica estera africana e principale interlocutore dei governi del continente.

Il piano percorre un doppio binario. Quello dell’allargamento del soft power, tramite investimenti in cultura e istruzione ma anche attraverso lo sviluppo di economie liberali e democrazie stabili, e quello del realismo geopolitico, che invece viene evidenziato dagli investimenti energetici e infrastrutturali ma anche dalle missioni militari marittime nel Mar Rosso.

Per quanto riguarda il soft power, nelle parole del Presidente Meloni appare evidente l’intenzione di promuovere lo sviluppo della democrazia attraverso lo sviluppo dell’economia, seguendo la più classica delle logiche liberali. Secondo le sue parole: “se è vero che la democrazia porta sviluppo, è vero anche il contrario, cioè che lo sviluppo avvicina la democrazia4. La volontà è quella di portare sviluppo economico sociale allargando quindi il soft power delle nazioni occidentali, secondo i dettami delle teorie internazionaliste liberali. Questo tipo di approccio si scontra invece con le più pragmatiche iniziative delle potenze rivali, come le già citate Russia e Cina, che si disinteressano in buona misura delle condizioni democratiche e perciò possono avere un atteggiamento più concreto, ma non per questo sempre duraturo.

Per quanto concerne l’aspetto geopolitico appare evidente che il Piano rispecchi la politica estera italiana sulle dinamiche mediterranee proprie della sua geografia. Questo tipo di approccio invece è disinteressato dalle questioni più strettamente morali e utilizza strumenti non sempre economici, come ad esempio le missioni militari e gli investimenti in infrastrutture strategiche, volti a potenziare l’Hard Power e la sfera d’influenza. Inoltre, il Piano Mattei appare fortemente influenzato dal pensiero di Ernesto Massi e dai concetti di Mare Nostrum, propriamente realisti e geopolitici.

Percorrere questa doppia via è un buon modo per giocare un rilevante ruolo in politica estera in un teatro complesso come quello africano, ma può essere un’arma a doppio taglio per via del difficile equilibrio tra le due strategie.

Attualmente sono in corso circa 64 iniziative sparse nei vari paesi partner, con ambiti ed intenti che variano dall’energetico al sanitario, includendo il rifornimento idrico e agroalimentare. Tra tutti appare particolarmente rilevante l’impegno che il governo, attraverso il Piano, ha intenzione di ricoprire nei confronti degli investimenti nel Corridoio di Lobito, un’arteria ferroviaria strategica di 1300 km che collegherà le due coste africane, in particolare lo Zambia con il porto angolano di Lobito. Il memorandum di intesa sul progetto è stato firmato non solo dagli stati africani ma anche dalla Commissione Europea e dagli Stati Uniti, evidenziando la sua importanza5. Quest’ultimo potrebbe risultare un importante alternativa rispetto al controllo stretto che il governo di Pechino ha sempre avuto sulle infrastrutture del continente, promuovendo da un lato lo sviluppo economico dall’altro le relazioni diplomatiche tra i paesi coinvolti.

Il Piano Mattei appare quindi uno strumento molto utile ma evidenzia anche delle intrinseche debolezze. I fondi stanziati non paiono sufficienti. All’iniziale ammontare di 5,5 miliardi, proveniente dal Fondo per il clima e l’Aiuto pubblico allo sviluppo6, sono stati aggiunti altri finanziamenti interni provenienti dalla SACE e SIMEST, con l’aggiunta di accordi da 1,2 miliardi con l’Unione Europea. Cifre sicuramente rilevanti ma che potrebbero non essere sufficienti nelle complesse dinamiche africane. Per dare un termine di paragone la Cina ha affermato di stanziare 50 miliardi per i successivi 3 anni in investimenti nel continente7. In quest’ottica appare prioritario quindi anche internazionalizzare ed europeizzare il Piano per aumentare visibilità e fondi.

Nella relazione del 2025 sono state evidenziate le sinergie acquisite con le iniziative del G7 e soprattutto con il Global Gateway dell’Unione Europea, visto come “partner naturale”. Attraverso quest’ultimo è stato firmato il memorandum per il Corridoio di Lobito ed è stato fatto un vertice a Roma: “The Mattei Plan for Africa and the Global Gateway a Common Effort with the African Continent” che evidenzia i comuni propositi e progetti.

Il Piano rischia di non avere sufficiente massa critica geopolitica per poter effettivamente spostare gli equilibri nel continente. Il proposito di promozione della democrazia potrebbe, come già avvenuto nei precedenti decenni, avviare un processo di rigetto nei confronti dei partner occidentali. La forza delle strategie adottate dai competitors non liberali è spesso stata la mancanza di retorica paternalistica, che ha portato numerosi paesi a schierarsi con governi autoritari rigettando di proposito la democrazia liberale.

Il Piano, inoltre, sembra sottovalutare le dinamiche interne al continente africano. Esso, infatti, collabora con paesi che sono in storica rivalità tra loro per questioni di predominio regionale come Algeria e Marocco o come Egitto ed Etiopia. Se da un lato questa strategia può permettere di svolgere un ruolo di mediatore, dall’altro rischia di inimicarsi entrambi i potenziali alleati, compromettendo le relazioni. Per concludere, in un momento storico in cui la competizione armata tra potenze è una realtà contingente del panorama internazionale, appare alquanto inspiegabile la mancanza del Ministero della Difesa all’interno della governance del Piano. Come già dimostrato nel corso di questi ultimi tre anni, gli interessi economici e strategici italiani passano dalle dinamiche del Mediterraneo allargato, e il governo Meloni non ha fatto mistero di voler difendere tali interessi anche con l’uso della forza, come nella missione Aspides Mar Rosso. Alla luce di queste considerazioni la mancanza di una componente militare che collabori con la componente diplomatica e con i partner africani appare una grave lacuna.

CONCLUSIONI

Si deve partire da un dato consolidato: l’Italia o è un paese a proiezione marittima o non è. La proiezione talassocratica è l’unica possibilità dell’Italia di giocare un ruolo cruciale nella sua sfera di competenza. In un mondo in cui gli assetti di forza si stanno ridefinendo, essere consapevoli del proprio spazio geografico appare come una necessità impellente.

Il Piano Mattei è perciò lo strumento adeguato alla politica estera italiana8. La proiezione in Africa dev’essere vista come un’assoluta priorità per Palazzo Chigi, poiché ieri come oggi la sfida tra potenze mondiali si presenta nel continente africano ed è quanto mai evidente che l’Occidente abbia perso terreno rispetto alle nazioni Brics. Bisogna quindi agire velocemente e con decisione, con approccio pragmatico e realista. Nonostante vi siano lacune all’interno del Piano e si possa dubitare della sua efficienza geopolitica esso rimane la migliore via per poter avere una politica estera indipendente e giocare un ruolo prioritario a livello regionale.


1Decreto legge 14 novembre 2023, n°161: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2023;161

2Relazione sullo stato di attuazione. 30 giugno 2025:https://www.governo.it/sites/governo.it/files/documenti/documenti/Notizie- allegati/Piano%20Mattei/Relazione_Attuazione_PianoMattei_2025.pdf

3 Faleg G., L’Africa Geopolitica, Strategie e scenari nell’era multipolare, Roma, Carocci editore, 2024.

4Sallusti A., Alessandro Sallusti intervista Giorgia Meloni, La versione di Giorgia, Milano, Rizzoli, 2023.

5Relazione sullo stato di attuazione del Piano Mattei: https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/ES0282.pdf 6Piano    Mattei,  opportunità        ambizioni          ed              elementi   di                  dibattito.      Cespi.                23    settembre 2024:https://www.cespi.it/it/eventi-attualita/dibattiti/il-piano-mattei-opportunita-ambizioni-elementi-di- dibattito/il-piano

7FOCAC       sees       private       sector       as       important       aspect.       23       Settembre       2024:

8Il Piano Mattei e la geopolitica italiana. Ambizioni e prospettive. 13 Aprile 2025. Istituto Analisi relazioni Internazionali.  https://iari.site/2025/04/13/il-piano-mattei-e-la-geopolitica-italiana-ambizioni-e-prospettive/

https://2024focacsummit.mfa.gov.cn/eng/zxyw_1/202412/t20241220_11511237.htm

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