Nel DPP 2025-2027, il Documento Programmatico Pluriennale[1] che orienta la pianificazione strategica della Difesa italiana, viene esplicitamente menzionata la possibilità di sviluppare una portaerei di nuova generazione, all’interno del più ampio capitolo dedicato agli studi e allo sviluppo delle nuove tecnologie per le unità navali. Sebbene non venga indicato in maniera definitiva, il riferimento lascia intendere la volontà di valutare una piattaforma a propulsione nucleare, come auspicato anche dall’Ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato maggiore della Marina, in un’intervista rilasciata a giugno 2025[2].

Ad oggi, solo due nazioni al mondo – gli Stati Uniti e la Francia – schierano portaerei a propulsione nucleare. Queste piattaforme assicurano maggiore autonomia, velocità superiore e disponibilità di energia a bordo per alimentare sistemi avanzati (armi a energia diretta, radar a lungo raggio, catapulte elettromagnetiche, ecc.). Per un Paese come l’Italia, affacciato su tre mari e con ambizioni dichiarate di proiezione nel Mediterraneo allargato, la scelta potrebbe rafforzare la postura strategica in un’area divenuta nuovamente instabile.

Tuttavia, non mancano le critiche. Alcuni analisti sottolineano che una portaerei nucleare rappresenta un investimento finanziario, industriale e politico estremamente oneroso, difficilmente compatibile con una dottrina operativa regionale. In questa visione, la Marina italiana dovrebbe concentrarsi sulle capacità duali, interoperabili e distribuite, più adatte alle missioni nel cosiddetto “estero vicino”, cioè il quadrante geografico immediatamente circostante l’Italia: Mediterraneo centrale, Africa settentrionale, Mar Rosso, Golfo di Guinea.

Il dibattito, dunque, si gioca tra ambizione globale e prudenza regionale, tra la costruzione di una capacità strategica simbolica e il rafforzamento della sostenibilità operativa a lungo termine.

La centralità del dominio marittimo per la postura strategica italiana

Il DPP 2025–2027 conferma la volontà del Ministero della Difesa, guidato da Guido Crosetto, di rafforzare in modo significativo la dimensione marittima delle Forze Armate. Il Mediterraneo allargato viene definito “area di prioritario interesse strategico”, con una geografia esplicitamente estesa al Golfo di Guinea, al Mar Rosso e all’Oceano Indiano occidentale. In questo quadro, la Marina Militare si conferma strumento primario di proiezione, controllo e presenza, anche in contesti ad alta densità geopolitica e competitività navale.

L’attenzione si concentra su sovranità subacquea, protezione delle infrastrutture critiche, dissuasione, sorveglianza avanzata e nuove piattaforme integrate. Tuttavia, l’eventuale realizzazione di una portaerei a propulsione nucleare – come auspicato dall’Ammiraglio Credendino – segnerebbe una svolta netta. L’Italia dispone oggi della Cavour e della Trieste, piattaforme moderne ma limitate in autonomia e potenza di proiezione. Una supercarrier nucleare comporterebbe capacità di permanenza prolungata in aree lontane, senza supporto logistico continuo. Non è solo una scelta tecnica, ma una affermazione strategica di lungo periodo.

In parallelo, il progetto tecnico-industriale è già in fase di incubazione. La costruzione di un’unità del genere andrebbe infatti di pari passo con il programma di ricerca Fincantieri “Minerva”[3], volto alla marinizzazione di impianti nucleari per l’energia a bordo di vascelli armati, sostenuto dal Piano nazionale della ricerca militare (Pnrm). Sul versante industriale, la creazione della società Nuclitalia – partecipata da Enel (51%), Ansaldo Energia (39%) e Leonardo (10%) – rappresenta il pilastro del nuovo ecosistema. Il suo obiettivo è valutare i design più maturi del nuovo nucleare sostenibile, con un focus iniziale sugli Small Modular Reactor (SMR) raffreddati ad acqua, tecnologia potenzialmente abilitante per l’impiego navale.

Questa evoluzione implicherebbe un confronto diretto con le altre potenze navali regionali. La Francia rimane il benchmark europeo con la Charles de Gaulle e il programma PANG[4] in via di sviluppo. La Turchia, con la TCG Anadolu e una flotta in espansione[5], persegue una strategia di pressione marittima in Levante e Nord Africa, in pieno ossequio alla dottrina Mavi Vatan[6]. L’Egitto, grazie a cooperazioni con Parigi e Mosca, ha accresciuto ambizione e capacità operativa nel Canale di Suez e nel Mar Rosso. In questo scenario competitivo, l’Italia non può permettersi un posizionamento passivo o esclusivamente difensivo.

Dal punto di vista operativo, una portaerei nucleare offrirebbe una decisa spinta alla capacità expeditionary nazionale, oggi essenziale per rispondere a scenari di conflitto non lineare e di competizione estesa. Rispetto a una piattaforma convenzionale, una CVN può operare per decenni senza rifornimento di carburante, garantendo una presenza continua in aree sensibili e una maggiore funzione di deterrenza. La proiezione della potenza navale, in questo senso, assume un significato politico-strategico, oltre che militare.

Naturalmente, una tale ambizione richiede investimenti sistemici: aerei a decollo convenzionale o catapultato, catapulte elettromagnetiche, difesa aerea integrata, supporto logistico e industriale, formazione specializzata e, soprattutto, una dottrina d’impiego chiara e condivisa.

Nel DPP si parla esplicitamente di “prontezza operativa”, di “proiezione bilanciata tra NATO e Africa”, e di rafforzamento della base tecnologica e industriale europea della difesa. Tutti elementi che trovano convergenza proprio in un sistema navale integrato ad alta capacità.

Resta, però, il nodo delle risorse. Il bilancio della Difesa – previsto a 45,3 miliardi nel 2025 – comprende numerose voci civili e infrastrutturali. Solo una frazione è effettivamente disponibile per la costruzione di un’unità così complessa. Occorrerà individuare linee di finanziamento dedicate, definire una pianificazione di lungo periodo e garantire un consenso strategico e istituzionale. Senza dimenticare che, in Italia, il fattore nucleare resta un tema culturalmente sensibile, anche in ambito navale.

Dal punto di vista geopolitico, però, la scelta potrebbe rappresentare una svolta di sistema. L’Italia diventerebbe uno dei pochi Paesi al mondo a disporre di una capacità di deterrenza globale navale, in grado di contribuire con efficacia alle coalizioni internazionali, rafforzare la postura NATO e proiettare influenza nei mari caldi, dove si concentrano oggi interessi commerciali, energetici e strategici.

Come ricorda lo Stato Maggiore della Marina, l’Italia è circondata per tre quarti dal mare. Ma il mare non basta guardarlo: va abitato strategicamente, con continuità, autonomia e ambizione. La portaerei nucleare, in questo senso, non è un lusso simbolico: è una dichiarazione d’intenti. E misura, meglio di ogni parola, il grado di maturità della nostra cultura strategica nazionale.

Conclusione

L’ipotesi di una portaerei nucleare italiana rappresenta una svolta concettuale nel modo in cui il Paese potrebbe intendere il proprio ruolo internazionale. È un progetto che, se coerente con una visione politica di lungo periodo, potrebbe rafforzare la postura marittima dell’Italia e il suo contributo alla sicurezza internazionale. Ma deve essere affrontato con realismo, rigore e consapevolezza degli equilibri internazionali.

In un mondo in cui il controllo del mare torna centrale – dai fondali al cyberspazio – non investire nella Marina sarebbe un errore strategico. Ma farlo senza un’adeguata pianificazione potrebbe risultare ancora più dannoso.

Proiezione senza visione è illusione.

Se l’Italia vorrà davvero entrare nel club delle potenze navali globali, serviranno non solo acciaio e reattori, ma anche strategia, coerenza e cultura geopolitica.


[1] Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2025–2027, Ministero della Difesa, ottobre 2025;

[2] Intervista al capo di stato maggiore della Marina, amm. Enrico Credendino, dell’8/06/2025 pubblicata su Il Corriere della Sera (https://www.corriere.it/cronache/25_giugno_08/credendino-marina-noi-in-guerra-nel-mar-rosso-i-russi-al-largo-della-libia-spiano-la-nostra-marina);

[3] Sul progetto Minerva, da Startmag (https://www.startmag.it/energia/fincantieri-ansaldo-e-rina-lavoreranno-a-reattori-nucleari-per-le-navi-militari/);

[4] Sull’ambizioso programma PANG francese (https://meta-defense.fr/it/2024/10/15/Portaerei-nucleare-Pang-Marine-2024/)

[5] Sulle ambizioni marittime turche (https://aresdifesa.it/aksaz-e-la-nuova-potenza-navale-turca-linvestimento-da-350-milioni-di-euro-che-ridefinisce-la-strategia-di-ankara-nel-mediterraneo/)

[6] Mavi Vatan o Patria Blu, la dottrina strategica turca nel Mediterraneo (http://www.asiablog.it/2020/10/12/turchia-mediterraneo/)

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