Tra Proiezione di Potenza, Deterrenza e Terrore
Nel mondo contemporaneo si riaccendono i fuochi del conflitto: dalle tensioni lungo i confini dell’Europa Orientale agli scontri diffusi nel Grande Medio Oriente, fino alle ambizioni geostrategiche delle grandi potenze globali come Cina e Stati Uniti; mentre Washington guarda con interesse alle risorse minerarie e idriche della Groenlandia, Pechino prosegue la sua politica di espansione nel Mar Cinese Meridionale e intorno a Taiwan. In questi scenari permane una grande centralità della dimensione marittima.
Alfred Thayer Mahan, il noto storico navale, padre della geopolitica marittima, osservava come la storia delle potenze globali fosse una storia di conflitti tra potenze di mare e potenze di terra[1]. Dalle problematiche nella securizzazione di Bab el-Mandeb ai tre cerchi del Mediterraneo Allargato italiano, dalla pirateria somala agli stretti indonesiani, la sicurezza marittima continua a mostrarsi come un elemento centrale negli equilibri di potenza del XXI secolo.
La competizione marittima contemporanea non si limita al controllo e alla protezione delle vie di comunicazione marittima, le Sea Lines of Communication (SLOC), le grandi autostrade marittime. Il Mare è divenuto un territorio ibrido di conflitto, che unisce nella sua strategia non più solo dinamiche navali ma anche terrestri (per mezzo delle landing platform dock), aree (con le portaerei) e missilistiche grazie allo sviluppo della dimensione sottomarina.
La guerra sottomarina è progredita a grandi velocità rispetto alla sua nascita con gli U-boot tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, divenendo uno strumento di proiezione di potenza, deterrenza e terrore psicologico[2]. Il dominio sottomarino ha assunto oggi un ruolo di pilastro nelle strategie di deterrenza globali.
I sottomarini moderni, in particolare i più recenti boomer a propulsione nucleare – i sottomarini lanciamissili balistici – sono concepiti non solo come piattaforme d’attacco mobili, ma come veicoli di deterrenza strategica, capaci di garantire la cosiddetta second strike capability, ovvero la possibilità di rispondere ad un attacco nucleare anche dopo la distruzione delle basi terrestri continentali. Proprio in tal senso li abbiamo visti utilizzati dagli Stati Uniti quest’anno in seguito alle minacce russe di utilizzare l’atomica nell’ambito del conflitto russo-ucraino[3].
Si è inoltre citato il sottomarino come strumento di terrore; questa sua peculiarità non deriva esclusivamente dal suo armamento nucleare ma da alcune sue caratteristiche specifiche che spesso si trascurano per via di una visione sopravvalutata dei radar militari. Infatti l’individuazione di un sottomarino in mare aperto e in immersione rimane una delle sfide tecnologiche più complesse della guerra moderna. Un’unità subacquea può essere rilevata solo in pochi e rari casi: quando emerge per il ricambio dell’aria o per comunicare con centri di comando lontani; quando viene intercettata da sistemi sonar e radar installati su navi specializzate o reti fisse, come la linea SOSUS americana[4], strumenti costosi, ingombranti e sensibili a criticità e vulnerabilità in caso di conflitto. Proprio da questa asimmetria tra capacità d’attacco e capacità di individuazione fa del sottomarino un’arma non solo fisica ma anche psicologica, la minaccia di una sua presenza, anche senza un attacco reale, è sufficiente a condizionare le strategie navali avversarie e le condizioni psicologiche degli equipaggi delle navi.
I Boomer possono rimanere in missione per mesi, con equipaggi particolarmente addestrati a queste condizioni emergendo solo per brevi e rari momenti, quando si trovano dispiegati in grandi distese oceaniche come l’Atlantico o l’Indo-Pacifico sono quasi impossibili da individuare mentre in spazi “chiusi” come il Mediterraneo, per quanto rimanga complessa, l’individuazione viene agevolata. Solo in corrispondenza di chokepoint strategici, come negli stretti di Malacca e Singapore o lungo canali artificiali di collegamento (Panama e Suez) che rendono obbligatorio il passaggio in emersione è possibile mantenere un monitoraggio preciso del passaggio dei sottomarini[5]. Al tempo stesso però in alcuni ambienti esistono rotte alternative, come gli Stretti di Ombai e Wetar, tra Indonesia e Timor Est, che, data la loro particolare profondità permettono un passaggio in immersione profonda, eludendo i radar di superficie e garantendo invisibilità operativa al sottomarino[6].
La guerra sottomarina rappresenta oggi una forma di guerra invisibile, che scivola tra proiezione di potenza e sviluppo della deterrenza e arrivando a simboleggiare il livello di potenza navale di uno stato. La gestione della sicurezza marittima globale passa attraverso il perno della sicurezza sottomarina, una realtà che ha aumentato le dimensioni spaziali della strategia navale.
Così, si può dunque concludere asserendo che mentre il controllo del mare plasma gli equilibri di potenza globali, il dominio del mare passa attraverso il controllo delle sue profondità.
[1] P. A. Crowl. “Alfred Thayer Mahan: lo storico navale”. In “Guerra e strategia nell’Età contemporanea”. A cura di Peter Paret. Genova. Marietti 1820, 2014, p. 170
A. T. Mahan, Influence of Sea Power upon history; East India Publishing Company, 28 giugno 2023
[2] Lautenschläger, Karl. “The Submarine in Naval Warfare, 1901-2001.” International Security 11, no. 3 (1986): 94–140. https://doi.org/10.2307/2538886.
[3] Trump: ‘Schiero due sottomarini nucleari dopo le parole di Medvedev’; Ansa, 1 agosto 2025 https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/08/01/putin-non-cambiano-le-nostre-condizioni-per-la-pace.-zelensky-servono-colloqui_5793532d-aabe-4e80-95bd-7c66959e3087.html
[4] S.a., Origins of SOSUS; COMSUBPAC – Commander, submarine force, US Pacific Fleet, Department of Defense https://www.csp.navy.mil/cus/About-IUSS/Origins-of-SOSUS/
[5] Lewis M. Alexander; The Role of Choke Points in the Ocean Context. GeoJournal, vol. 26, no. 4, Aprile 1992, pp. 503-509
[6] D. Borges. A maritime strategy for Timor-Leste. Royal Australian Navy, Sea Power Saundings, issue 20, 2021.

Laureato con Lode in Relazioni Internazionali all’Università degli studi di Milano con tesi intitolata “SAGAR – La Proiezione Marittima dell’India di Narendra Modi”. Ha maturato esperienze in vari settori, collaborando con la Marina Militare Italiana in qualità di Political Advisor e partecipando al Business Forum Italo Libico a Tripoli. Si è occupato più volte di eventi informativi su temi politici e sociali. Si definisce un navalista, appassionato di storia del sud est asiatico.