Nel panorama della contemporaneità, la corsa allo spazio si configura sempre più come una proiezione del potere terrestre in orbita, dove l’ambizione economica, la competizione industriale e la retorica del progresso si fondono in un’unica traiettoria di dominio tecnologico e simbolico.
In tale contesto, progetti come la gigantesca mongolfiera, l’hotel di lusso rotante e i soggiorni artistici in orbita non rappresentano semplici curiosità ingegneristiche o fughe utopiche, ma il riflesso di una più ampia dinamica geopolitica: la Space Economy come nuova arena di influenza, prestigio e soft power. L’ascesa del turismo spaziale, esplosa a metà del 2021 con i primi voli commerciali di Virgin Galactic[1] di Richard Branson e Blue Origin di Jeff Bezos[2], ha segnato un momento di cesura simbolica nella storia della globalizzazione tecnologica. Per la prima volta, lo spazio è apparso non più dominio esclusivo delle agenzie statali, ma campo aperto all’iniziativa privata. Tuttavia, come spesso accade nella storia dei nuovi imperi, la conquista si è rivelata più ardua del previsto. Molte delle imprese che avevano promesso di democratizzare l’accesso al cosmo sono rimaste sospese tra l’ambizione e il fallimento. Tra queste visioni si distingue il progetto Explorer, una super mongolfiera della società americana World View, concepita per portare una capsula fino a 30 km di altezza grazie a un pallone stratosferico. Il costo ridotto – 50 mila dollari a persona – si proponeva come una “democratizzazione” dello spazio, un gesto simbolico volto a rendere il cielo accessibile non solo ai miliardari, ma a una nuova classe cosmopolita di cittadini globali[3]. Tuttavia, l’illusione di un turismo spaziale di massa si è infranta di fronte alle medesime difficoltà tecniche e logistiche che da decenni affliggono la corsa allo spazio. Parallelamente, il progetto Spaceship Neptune, della società Space Perspective, avrebbe dovuto offrire un’esperienza di lusso in orbita bassa: cabine panoramiche, bar, comfort, estetica[4]. Il prezzo, 125 mila dollari, trasformava l’esperienza in una nuova forma di status geopolitico, un simbolo di appartenenza a una élite globale capace di trascendere i confini terrestri. Ma anche in questo caso, l’impresa non ha mai raggiunto il cielo. Queste iniziative, pur senza superare le altitudini dei 100 km di Blue Origin o gli 80 di Virgin Galactic, si inserivano in una logica di potere esperienziale, offrendo a una ristretta minoranza il privilegio di “vedere la Terra da sopra”, esperienza che da sempre plasma la percezione del dominio e della conoscenza.

La loro promessa non era quella dell’assenza di gravità, bensì quella della contemplazione del pianeta come oggetto geopolitico totale: la Terra vista dal cosmo, simbolo di un’unicità fragile e insieme controllabile. L’ambizione di Voyager Station, proposta dalla Orbital Assembly Corporation, rappresenta l’apice di questa proiezione di potenza[5]. Un avamposto toroidale a 400 km di quota, concepito come città spaziale di 1400 persone, tra equipaggio e ospiti, con ristoranti, biblioteche, centri benessere e teatri. La sua struttura rotante, capace di generare una gravità artificiale pari al 35% di quella terrestre, non è solo una sfida ingegneristica[6]: è una metafora geopolitica della volontà di ricreare la civiltà umana nello spazio, di trasferire le logiche della società terrestre – lusso, intrattenimento, potere economico – in un nuovo dominio orbitale. Il fallimento del progetto, mai giunto alla fase sperimentale, rivela tuttavia la distanza che separa l’utopia del potere tecnologico dalla realtà materiale della conquista spaziale. Più contenuta ma altrettanto significativa è la vicenda di Aurora Station, presentata nel 2018 dalla startup Orion Span[7]. Pensata come il primo hotel spaziale “per le persone comuni”, la stazione avrebbe dovuto offrire soggiorni di 12 giorni a 10 milioni di dollari, in un modulo di appena dieci metri, con due suite di lusso e vista panoramica sulla Terra. Anche qui, la promessa di un addestramento “snello” e accessibile – tre mesi invece dei tradizionali ventiquattro – nascondeva un tentativo di trasformareil viaggio orbitale in merce simbolica, proiettando nel vuoto cosmico le stesse logiche di consumo e accelerazione che caratterizzano la modernità globale.

Nell’orizzonte del progetto dearMoon, lanciato nel 2018 dall’imprenditore giapponese Yusaku Maezawa, la geopolitica dello spazio assume una dimensione estetica e culturale[8]. Il viaggio attorno alla Luna, destinato a coinvolgere artisti internazionali per reinterpretare l’esperienza cosmica attraverso l’arte, mirava a creare una nuova diplomazia dell’immaginazione: la cultura come veicolo di soft power lunare. Ma anche questa visione è rimasta incompiuta, vittima dei ritardi nella realizzazione della Starship di SpaceX e delle complesse interdipendenze tecnologiche che caratterizzano il sistema spaziale globale. Il 1º giugno 2024, Maezawa ha annunciato l’inevitabile cancellazione del progetto, segnando non solo un insuccesso industriale, ma una sconfitta simbolica della dimensione umanistica del viaggio spaziale. Il fallimento di queste molteplici iniziative, accomunate da un sogno e da un’illusione, rivela in ultima analisi una verità geopolitica profonda: la conquista dello spazio non è ancora stata democratizzata, ma resta terreno d’élite, di potenze economiche e di ambizioni nazionali travestite da utopia globale[9]. Lo spazio si configura così come l’ultima frontiera del potere, non solo tecnologico ma simbolico: il luogo in cui le nazioni, le imprese e le civiltà tentano di riscrivere la propria legittimità, proiettando verso l’infinito la stessa volontà di dominio che da sempre plasma la Terra. Non basta, dunque, “puntare alle stelle” per rendere accessibile il cosmo ai cittadini privati. La vera conquista rimane quella politica e strutturale, capace di trasformare il sogno in infrastruttura e la visione in equilibrio tra potenza, etica e sostenibilità. Finché ciò non avverrà, il turismo spaziale resterà la metafora più eloquente della modernità globale: un desiderio di ascesa che, pur guardando l’universo, continua a ruotare attorno ai limiti del proprio pianeta.

PROSPETTIVE FUTURE    

Nel delineare le prospettive del turismo spaziale e, più in generale, della nuova geopolitica dell’orbita terrestre, appare evidente che l’umanità si trovi ancora in una fase di transizione strategica. Lo spazio, un tempo dominio esclusivo della competizione tra Stati, si è trasformato nel teatro di una molteplicità di attori privati che, pur armati di visioni titaniche, devono ancora misurarsi con le implacabili leggi della fisica, dell’economia e della politica. La prossima decade sarà determinante per comprendere se la Space Economy saprà evolversi da esperimento elitario a infrastruttura stabile di civiltà. La convergenza tra capitale privato, governance pubblica e innovazione tecnologica sostenibile rappresenterà la condizione necessaria per superare la frammentazione attuale e costruire un ecosistema orbitale realmente accessibile. Nel contesto geopolitico globale, chi saprà dominare la catena del valore spaziale — dal lancio ai servizi in orbita, dalla logistica alle telecomunicazioni interplanetarie — eserciterà una forma di sovranità espansa, capace di ridisegnare gli equilibri di potenza del XXI secolo. L’Europa, gli Stati Uniti, la Cina e le nuove potenze emergenti saranno chiamati a ridefinire la propria postura strategica, bilanciando ambizioni commerciali, sicurezza e responsabilità etica verso l’ecosistema orbitale. Solo quando la dimensione spaziale verrà integrata in un nuovo ordine multipolare del cielo, il turismo cosmico potrà divenire più che un sogno: esso sarà il riflesso di una civiltà finalmente matura, capace di proiettare nello spazio non solo il proprio potere economico, ma la propria coscienza politica e culturale. In tale prospettiva, l’uomo non si limiterà più a osservare la Terra dal cosmo, ma comprenderà di essere parte di un’unica geografia estesa — la geopolitica dell’infinito.


[1] Space.com. (2021, luglio 11). Virgin Galactic launches Richard Branson to space in 1st fully crewed flight. Space.com. https://www.space.com/virgin-galactic-unity-22-branson-flight-success

[2] Ibi

[3] World View Enterprises. (2022, October 5). World View announces first space tourism flights launching from the Seven Wonders of the World. World View Press Release. https://worldview.space/news/world-view-announces-first-space-tourism-flights-launching-from-the-seven-wonders-of-the-world

[4] Space Perspective. (n.d.). Spaceship Neptune. https://spaceperspective.com/spaceship

[5] Orbital Assembly / Above Space Development. (n.d.). Voyager Station concept & plans

[6] Gateway Spaceport. (n.d.). The Gateway — capacity and crew details. Gateway Spaceport official site.

[7] National Geographic. (2018, 6 aprile). “Luxury Space Hotel” Could Cater to Travelers by 2022. National Geographic

[8] AP News. (2024, giugno 1). Japanese billionaire Maezawa cancels moon flyby mission. AP News. https://www.reuters.com/technology/space/japanese-billionaire-maezawa-dearmoon-mission-cancels-moon-flyby-2024-06-01/

[9] Mackenzie, A. J. (2021, 8 marzo). The enduring fantasy of space hotels. The Space Review. https://www.thespacereview.com/article/4136/1

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