Tra il 31 agosto ed il 2 settembre 2025, a Tianjin, in Cina, si è tenuto il 25° vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). L’incontro, che ha riunito fra gli altri, un trio di peso: Xi Jinping, Vladimir Putin e Narendra Modi, arriva in un momento di crescente tensione globale e di difficili relazioni con gli Stati Uniti e per questo assume un’importanza cruciale in quelle che sono le future relazioni con l’Oriente.
Nella “Dichiarazione di Tianjin” i Paesi membri della SCO hanno riaffermato la necessità di rafforzare il rispetto e l’uguaglianza tra Stati, opponendosi all’egemonismo ed alla politica della forza, e promuovendo, soprattutto, un modello che sia alternativo all’Ordine occidentale.
Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai: struttura e natura
L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) nasce nel 2001 dalle radici del cosiddetto “Gruppo di Shanghai”, fondato nel 1996 da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan con l’obiettivo iniziale di gestire le questioni di sicurezza post-sovietiche. La SCO quindi si è formalizzata ufficialmente nei primi anni duemila, ottenendo anche lo status di osservatore presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.[1]
Dapprima nata come piattaforma per la stabilizzazione regionale, la SCO ha progressivamente assunto una visione sempre più strategica, allargandosi dall’Asia meridionale, attraverso l’ingresso di India e Pakistan nel 2017, al Medio Oriente, con l’adesione dell’Iran.[2]
Ad oggi, l’Organizzazione riunisce dieci Membri permanenti ed un gruppo di Stati osservatori, configurandosi come un forum di cooperazione multiruolo alternativo all’Occidente, con particolare attenzione alla coesione economica-commerciale diversamente da quella che è l’alleanza prettamente militare della NATO.
La volontà cinese: una “contro-NATO commerciale”
La visione imperialista cinese, fin dalla nascita della SCO, era quella di renderla un’alleanza coesa di Stati che supportassero la crescita commerciale sotto la sua egida. Non un mero forum, ma un vero e proprio progetto strutturato sulla collaborazione finanziaria, infrastrutturale e tecnologica che è capace di rendere visibile e tangibile l’influenza di Pechino sullo sviluppo orientale.
Se dal nostrum latus c’è la potenza definibile “imperiale” degli USA che guida con Soft e Hard Power le politiche di tutti i paesi dell’Occidente, dall’altra sponda della moderna cortina di ferro di churchilliana memoria vi si vuole imporre la Cina; questo gli States l’hanno capito fin troppo bene (come abbiamo già affrontato nell’analisi a mia firma “POKER GEOPOLITICO: L’EUROPA E GLI STATI UNITI TRA BLUFF E LOGICHE IMPERIALI”) e stanno cercando proprio per questo di avvicinare, nel limite del possibile, l’altra grande potenza orientale, o ex potenza che dir si voglia: la Russia.
Tuttavia, se gli USA “dominano” l’Occidente prevalentemente grazie ad una sfera d’influenza basata sulla concessione a tempo, apparentemente, indeterminato della protezione – dunque con l’Hard Power – la Cina tenta di dominare l’Oriente e tutto il mondo con il danaro, ossia con il Soft Power. Quando parlo di dominio globale, mi riferisco ad esempio alla strategica Nuova Via della Seta attraverso cui erano arrivati anche a siglare un importante accordo commerciale con il nostro Paese.
Per esercitare il controllo dello sviluppo e del commercio, al vertice di Tianjin si è deciso di fondare la SCO Development Bank, che sosterrà i progetti e le iniziative economiche, infrastrutturali e sociali dei dieci Paesi membri dell’Organizzazione. Per rafforzare il principio per cui a capo di questa strategia ci sarebbe Pechino, è importante dire che Xi, nel proporre la costituzione di questa Banca, ha offerto 2 miliardi di Yuan in aiuti diretti e 10 miliardi di Yuan in prestiti per i Paesi membri.[3]
Sempre a proposito di Soft Power cinese, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese ha anche aperto a tutti i Paesi membri il sistema satellitare BeiDou (il sistema globale di navigazione satellitare che fornisce posizionamento, navigazione e servizi di comunicazione; di fatto il rivale del sistema statunitense GPS) ed ha annunciato un centro di cooperazione sull’intelligenza artificiale.[4]
È evidente quindi che a Pechino, per imporre la sua leadership, non serva la pressione militare, possedendo una leva economico-finanziaria, infrastrutturale e tecnologica cosi potente.
Il ruolo della Russia
Fiaccata dalle sanzioni occidentali, concentrata sul fronte ucraino e sempre più marginalizzata nei tavoli multilaterali, la Federazione Russa detiene un ruolo più funzionale che trainante nell’ambito SCO. Se un tempo Mosca ambiva a controllare l’Oriente ed oltre, anche più di quanto possa fare la Cina oggi, il vertice di Tianjin ha evidenziato come, nello scenario moderno, l’ex URSS trova nel summit un appiglio per restare agganciata al grande gioco euroasiatico.
Putin infatti, isolato da tutto l’Occidente, ha bisogno di mantenere vivo il rapporto di alleanza con l’estremo Oriente; anche e soprattutto guardando in ottica commerciale, considerando come l’economia “gassosa” russa secondo alcune stime avrebbe subito un duro colpo dalle sanzioni occidentali seguite alla guerra in Ucraina. A dimostrarlo è l’accordo siglato dalla Gazprom – reso noto subito dopo il vertice – per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2 verso la Cina e del gasdotto di transito Soyuz Vostok attraverso la Mongolia. Dal 2027, dunque, i flussi russi verso Pechino aumenteranno di altri 10 miliardi di metri cubi annui, arrivando, se tutto andrà come previsto, a circa 100 miliardi di m³ all’anno. [5]
Il Cremlino si è presentato a Tianjin come garante della stabilità e fautore di un “multilateralismo autentico”, contrapponendosi a quello che definisce “l’unilateralismo arrogante” dell’Occidente. Ma la realtà è che la Russia si limita a seguire l’agenda dettata dalla regia cinese, in un sistema in cui la leva finanziaria ha sostituito di gran lunga il potere militare; il che rende Mosca, tradizionalmente potenza di Hard Power, sofferente davanti alla necessità di legittimare un modello d’influenza, tecnologico e economico, che non le appartiene, ma che le consente di restare rilevante.
Eppure, la Russia mantiene almeno un po’ del suo spirito semi-Occidentale, cercando di conservare i difficili rapporti che conseguentemente alla guerra ucraina si sono incrinati, sorride alla volontà degli Stati Uniti a guida Trump di mantenere vivo il dialogo tra potenze. Un equilibrio funambolesco che le permette di sopravvivere geopoliticamente mantenendo un ruolo di valenza globale che diversamente sarebbe stato sovrastato totalmente da un lato dall’egemonia USA e dall’altro da quella cinese.
L’equidistanza o equivicinanza dell’India di Modi
La partecipazione al vertice di Tianjin dell’India, entrata nella SCO nel 2017, ha rappresentato un segnale di normalizzazione dei rapporti tra Nuova Delhi e Pechino, dopo il gelo diplomatico a seguito degli scontri al confine himalayano del 2020 che provocarono circa 60 morti.[6]
Tuttavia, non si può interpretare la presenza indiana come una piena e convinta adesione alla visione cinese dell’ordine globale. Infatti, l’India di Modi continua a giocare una partita tutta sua: partecipa alla SCO, ma allo stesso tempo rinvigorisce i legami strategici con l’Occidente, esempio lampante è il Quadrilateral Security Dialogue (Quad) in cui Nuova Delhi coopera con Australia, Giappone e Stati Uniti proprio con lo scopo di contenere l’espansionismo cinese; altro esempio che ci vede protagonisti sono gli strettissimi rapporti – forse più mediatici o informali che istituzionali – che Modi intrattiene con la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni.
L’atteggiamento indiano può definirsi di equivicinanza, o di equidistanza, nei confronti dei due poli contrapposti: non vuole essere schiacciata né dall’Occidente né dall’Oriente. Tuttavia, questa posizione sta avendo come conseguenza da un lato la diffidenza cinese e dall’altro l’intensificazione dei dazi da parte degli Stati Uniti, portati al 50% come risposta ai massicci acquisti di gas russo da parte di Nuova Delhi. [7]
L’India si comporta da attore ibrido: partecipa al disegno cinese, ma non ha alcuna intenzione di consegnarsi alla leadership di Pechino. Vuole entrare nel gioco, ma non vuole subirlo.
BRICS vs SCO
Il blocco dei BRICS e la SCO condividono alcuni pilastri fondamentali: Cina, Russia, India e Iran fanno parte di entrambe le architetture che cercano in modi diversi di promuovere un ordine multipolare alternativo a quello occidentale. Tuttavia, se è vero che, come abbiamo visto, nella SCO c’è un ruolo primario della Cina, i BRICS sono una coalizione meno gerarchica e non vi è un singolo Paese a dettare la linea.
A luglio si è tenuto un ambizioso summit dei BRICS a Rio de Janeiro, sotto presidenza indiana, in cui si è presentata un’agenda ricca di obiettivi di cooperazione su salute, investimenti, clima, intelligenza artificiale, riforma del sistema multilaterale e sicurezza globale. Tuttavia, proprio l’orizzontalità e la frammentazione che li distinguono dalla SCO ne limitano spesso l’efficacia. La tensione latente fra democrazie e autocrazie, unita alla scarsa coesione interna, rappresenta un ostacolo evidente, testimoniato anche dalle assenze di Xi Jinping e Vladimir Putin all’ultimo incontro.[8]
Se quindi i BRICS restano un fenomeno in crescita da tenere d’occhio, la SCO rappresenta meglio la visione cinese di un nuovo ordine mondiale a guida mandarina.
L’Occidente resta a guardare
Mentre a Tianjin si discuteva di un progetto di cooperazione economica, infrastrutturale e tecnologica alternativa a quella dell’Ovest, l’Occidente restava a guardare dall’esterno. Non per disinteresse, ma perché nonostante il tentativo del 2005 di Washington di divenire paese osservatore della SCO, agli USA è stata negata questa possibilità.[9]
Il rifiuto agli USA come osservatori non ha avuto solo un significato formale, ma anche, e forse soprattutto, un senso simbolico. Il diniego rappresenta l’essenza stessa della SCO: svincolarsi dall’ordine a trazione statunitense e limitare il perimetro di regia all’Oriente.
Il timore occidentale, nato fin dalla creazione dell’Organizzazione, è stato palesato ancora una volta dalle dichiarazioni del Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, arrivate a margine dell’incontro di Tianjin, il quale ha “bollato” Cina, Russia e India come “bad actors”, accusandoli di alimentare il conflitto russo-ucraino ed ha sminuito il vertice SCO definendolo “largely performative”, ossia più spettacolo che sostanza, di fatto contraddicendosi da solo nella stessa dichiarazione.
La SCO: un laboratorio orientale da monitorare
Il vertice di Tianjin non è stato quindi semplicemente un incontro tra capi di Stato, ma la rappresentazione di un’alleanza tra Stati difficile da gestire, ma assolutamente da monitorare. Nello spazio lasciato vuoto dall’Occidente, prova ad incunearsi il blocco di Shanghai attraverso quella che ha tutte le evidenze di una contro-NATO commerciale: un laboratorio di globalizzazione asiatica, gestita da Pechino e legittimata da Mosca.
La forza della SCO è nel non avere la rigidità delle regole che caratterizzano le democrazie occidentali: dove la NATO impone, la SCO aggrega; dove il FMI condiziona, Pechino finanzia; dove Bruxelles discute, la SCO costruisce.
L’Occidente dinanzi a questo modo di agire non si può più limitare ad osservare dall’esterno, né tantomeno ad ignorare la questione. Deve piuttosto trovare il modo di dialogare con essi, e nel caso di ostacolarli nell’avanzata che potrebbe danneggiare le nostre economie in modo molto più incisivo di una guerra convenzionale.
[1] The Shanghai Cooperation Organization; General Information; 2017; https://eng.sectsco.org/20170109/192193.html
[2] Ibidem.
[3] Chen L., Mei Chu M.; China’s Xi pushes a new global order, flanked by leaders of Russia and India; Reuters; 2025; https://www.reuters.com/world/china/chinas-xi-pushes-new-global-order-flanked-by-leaders-russia-india-2025-09-01
[4] Wu H.; China’s Xi seeks expanded role for Shanghai Cooperation Organization at Tianjin summit; ApNews; 2025; https://apnews.com/article/china-sco-putin-modi-xi-summit-95f1421de601960a9c569933862a09a0
[5] Il Sole 24 Ore, L’asse Cina-Russia si rafforza. E il premier slovacco Fico va alla corte di Putin; 2025; https://www.ilsole24ore.com/art/cina-russia-xi-putin-insieme-governance-globale-piu-giusta-AHuyS9PC
[6] Bao A.; SCO summit 2025: Key takeaways from Beijing’s push to reshape global order; CNBC; 2025; https://www.cnbc.com/2025/09/02/sco-summit-2025-key-takeaways.html
[7] Masciaga M; India, i dazi Usa raddoppiano da oggi al 50%: stangata sull’export; Il Sole 24 Ore; 2025; https://www.ilsole24ore.com/art/i-dazi-usa-raddoppiano-50percento-stangata-sull-export-indiano-AHOcGUKC
[8] BRICS; Summits; 2025; https://infobrics.org/en/summits/2025/
[9] Polillo G.; Il vertice Sco svela tutte le asimmetrie delle relazioni internazionali. L’analisi di Polillo; 2025; https://formiche.net/2025/09/sco-cina-russia-india-stati-uniti-polillo/#content

Laureato con il massimo dei voti in Studi Strategici e Scienze Diplomatiche, con una tesi sull’evoluzione dello Stato Islamico e la risposta delle intelligence. Ha maturato esperienza presso l’Ambasciata d’Italia a Tel Aviv, occupandosi di analisi e produzione di report su war briefing. Ha inoltre collaborato con enti privati per l’organizzazione di eventi istituzionali presso il MAECI e il Senato. Appassionato di Geopolitica e Sicurezza Internazionale.
Ottima analisi..