TREA PARIGI E RABAT: COME LA DIASPORA PUÒ ESSERE MOTORE DI INNOVAZIONE POLITICA

Il 31 ottobre in Marocco è stato definita una giornata storica.

Mentre l’attenzione internazionale era concentrata sui raid a Gaza e sull’aggravarsi del conflitto in Sudan, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una votazione favorevole alle richieste di Rabat sulla territorialità del Sahara Occidentale. Tale decisione può essere interpretata come un potenziale indebolimento strutturale del Fronte Polisario e come un ulteriore passo verso la chiusura di una disputa politica che perdura da cinquant’anni.

In questo clima, a Marrakech si è tenuto l’evento “Une voix pour la Paix”, organizzato da una compagine franco-marocchina e caratterizzato dalla presenza di rappresentanti politici provenienti da cinquanta Paesi, in larga parte francofoni. L’elemento più rilevante emerso dall’incontro è stato il ruolo delle diaspore come attori geopolitici capaci di incidere sulle politiche pubbliche sia nei Paesi di origine sia in quelli di destinazione.

La partecipazione dell’ex parlamentare francese M’jid El Guerrab e del presidente della sotto-commissione europea per i diritti umani Mounir Satouri — entrambi francesi di origine marocchina — costituisce un esempio emblematico di come le reti diasporiche possano fungere da intermediari politici tra sistemi istituzionali differenti. Oltre a facilitare la circolazione di istanze politiche, queste reti contribuiscono alla definizione di iniziative multilaterali, in questo caso nell’area euro-mediterranea. Accanto ai rappresentanti marocchini, tra cui il parlamentare Youssef Chiri, la pluralità delle delegazioni presenti ha mostrato la capacità della diaspora di mobilitare consenso attorno a progetti con impatto macro-regionale.

Il rilancio della CEMER: una piattaforma energetica mediterranea

Nel contesto dell’evento ha assunto particolare rilevanza la CEMER – Comunità Mediterranea per le Energie Rinnovabili – un progetto francese tornato alla ribalta nell’ultimo anno.

La CEMER era stata approvata dal Parlamento francese nel 2021 su proposta di El Guerrab, allora deputato del Partito Radicale, ottenendo un sostegno trasversale da parte di tutte le principali forze politiche.

L’idea di una comunità mediterranea per l’energia riflette diverse visioni politiche e appare coerente con le odierne esigenze energetiche dei Paesi europei. Proprio l’origine diasporica dei principali promotori è significativa: il progetto nasce e si sviluppa tra francesi di origine marocchina, che vi leggono una prospettiva pan-mediterranea e un percorso di sviluppo condiviso. È in questa cornice che la diaspora si rivela un attore capace di esercitare una doppia forza trainante, distribuendo impulsi politici ed economici lungo entrambi i versanti della regione.

Come ha dichiarato Aymane Ben Jaa, neo-presidente della CEMER francese:. Aymane Ben Jaa, attuale neoeletto presidente del CEMER francese, ci ha inoltre illustrato apertamente il progetto: “Sull’esempio della CECA, che ha posto le basi dell’Unione Europea 70 anni fa, vogliamo vedere domani una CEMER, attorno alle energie pulite. […] Il programma è chiaro: nuovi partenariati scientifici e accademici; scambi rafforzati tra la società civile e gli esperti del clima; una cooperazione inedita tra tutti gli Stati, del Nord e del Sud.”

Il nodo italiano: bilateralismo vs multilateralismo mediterraneo

L’idea di un’unione energetica del Mediterraneo deve scontrarsi con la necessità di raccogliere un largo sostegno internazionale. L’onorevole El Guerrab, alle nostre domande sul rischio di uno scontro tra Italia e Francia sull’argomento, si è dichiarato convinto che, quando l’argomento sarà sottoposto al governo italiano e saranno mostrati i vantaggi dati dai partenariati favorevoli con Tunisia e gli altri paesi del Nord Africa, il risultato sarà “chiaramente conveniente”.

Diversamente dal progetto del CEMER, l’Italia si è fino ad ora concentrata su accordi bilaterali con i paesi del Mediterraneo evitando ambienti multipolari, pur ovviamente non escludendoli a priori. Il Piano Mattei, presentato nel vertice Italia-Africa del 29 gennaio 2024, sebbene si sia presentato con l’idea di incontri paritari, ha limitato le discussioni comunitarie e favorito incontri a due. Se il progetto francese dovesse continuare a ottenere consenso tra i Paesi del Nord Africa — con cui i promotori sono legati da reti diasporiche consolidate — l’Italia potrebbe trovarsi davanti a un bivio: aderire alla comunità mediterranea emergente oppure rischiare di rimanerne esclusa, con tutte le implicazioni strategiche del caso.

Mediterraneo: nuovo laboratorio di integrazione in un contesto multipolare

La proposta della CEMER emerge in una fase storica segnata dalla sovrapposizione di approcci multipolari e narrazioni bipolari che alimentano la competizione tra grandi potenze. Richiamando modelli noti — come l’integrazione europea del secondo dopoguerra — l’iniziativa prende forma in un contesto molto più complesso: il Mediterraneo contemporaneo, spazio di frizione energetica, instabilità politica, e competizione crescente tra attori regionali, extraregionali e non statuali.

Se realizzata, la CEMER potrebbe rappresentare uno dei primi tentativi di costruire un quadro energetico comunitario tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente. La riuscita dipenderà dalla capacità di armonizzare interessi spesso divergenti e dalla solidità delle infrastrutture energetiche transfrontaliere, in un’area dove la cooperazione economica coesiste con dinamiche di frammentazione politica. In questo senso, il progetto si configura come un possibile banco di prova per nuove forme di integrazione euromediterranea in un ordine internazionale sempre più competitivo.

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