Per comprendere le dinamiche che muovono l’azione politico-militare israeliana, risulta assolutamente necessario soffermarsi sull’unicità del ruolo ricoperto dagli apparati securitari dello Stato di Israele. In particolare, Tzahal, sigla ebraica per indicare le Israeli Defense Forces (IDF), rappresenta un’istituzione capace di definire larghi aspetti sia della dimensione politica interna dello Stato, sia delle sue relazioni internazionali. La rilevanza che Tzahal ricopre nell’ordinamento israeliano viene evidenziata dalla presenza di un’apposita Basic Law volta a disciplinare il ruolo delle IDF. Il sistema giuridico israeliano, non avendo una costituzione scritta, si impernia su quattordici Leggi Base[1]: seguendo il dettato della sesta Basic Law – The Military del 1976, le IDF si configurano come l’unica forza armata legalizzata all’interno dello Stato di Israele, in cui è dunque «vietato formare o mantenere una forza armata all’infuori delle Israeli Defense Forces»[2], evenienza non scontata visto il proliferarsi di gruppi armati para-militari di matrice ebraico-sionista durante il mandato britannico in Palestina.
Non mancano i contributi che definiscono le IDF come l’“Esercito del Popolo”, una forza armata che non si limita a provvedere alla mera difesa del paese, ma che è assolutamente capace di influenzare considerevoli aspetti della vita politica, sociale ed economica israeliana[3]. Difatti, il ricercatore Ayad al-Qazzaz dell’Università statale della California, nel 1973 arrivò ad affermare che «l’Esercito israeliano è la società israeliana e la società israeliana è l’Esercito israeliano […] È l’inizio e la fine dell’esistenza politica israeliana»[4]. Il diffuso sistema di servizio militare obbligatorio, la relativa giovinezza dello Stato e l’afflusso di numerosi immigrati in Israele hanno conferito alle IDF il ruolo cruciale di primo agente di socializzazione e di costituire forse il più importante elemento di vero e proprio nation building; Tzahal diventa così «un segno distintivo di cittadinanza e un simbolo per l’identificazione individuale con il centro dell’autorità politica»[5].
Oltre agli aspetti strettamente militari, sin dalla loro fondazione le IDF si sono incaricate di compiti che le istituzioni civili del neonato Stato di Israele non erano ancora in grado di adempiere. In Israele, già dai tempi dell’Haganah[6], si delineava una sorta di contratto non scritto tra le istituzioni securitarie e la società civile: le prime contribuivano a edificare una solida relazione tra i vari sottogruppi della eterogenea società israeliana, mentre l’ultima veniva considerata alla stregua di un agente di sicurezza de facto poiché, dato l’orientamento verso un istituzionalizzato e psicologicamente radicato stato di preparazione permanente alla guerra, generalmente le questioni di sicurezza nazionale, in Israele, tendono a imporsi sulle considerazioni di ordine ideologico, politico, economico e civile.
Ai fini dell’analisi dei pilastri strategici delle IDF e, conseguentemente, della Dottrina Dahiya, risulta utile richiamare il concetto di realismo offensivo teorizzato da John J. Mearsheimer. Secondo la teoria del realismo offensivo, gli stati si muovono in un contesto internazionale sostanzialmente anarchico con l’obiettivo di assurgere al ruolo di egemone nella propria regione, cercando di evitare l’emergere di competitors alla pari che potrebbero minare il loro predominio[7]. Seguendo questo paradigma, le Forze di Difesa Israeliane non si sono astenute dall’intraprendere azioni offensive modellando il contesto geopolitico dell’area mediorientale per rispondere ai propri imperativi di sicurezza. Le operazioni di interdizione nucleare contro l’Iraq, la Siria e la Repubblica Islamica dell’Iran e il lancio di massicce campagne preventive si allineano con le tesi del realismo offensivo. Infatti, uno Stato con un marcato vantaggio in termini di potenza militare sui rivali si comporterà in maniera aggressiva poiché ha sia la capacità, sia gli incentivi per condurre una simile politica[8].
Imperniata sulla cornice teorica del realismo offensivo, nel corso della loro operatività le forze armate israeliane hanno mantenuto quattro costanti pilastri strategici fortemente intrecciati tra loro: deterrenza, early-warning, vittoria decisiva (hachra‘a) e autonomia. Declinata al caso israeliano la deterrenza, ovvero la capacità di «influenzare i calcoli strategici dell’avversario in relazione alle possibili perdite»[9], consiste nella capacità delle IDF di far accettare ai rivali regionali l’esistenza de facto dello Stato di Israele, in attesa di un auspicabile riconoscimento de jure, rendendo così inefficaci possibili campagne finalizzate alla negazione dello stesso Stato ebraico. Così, la deterrenza assume le caratteristiche di un vero e proprio baluardo di portata esistenziale per Israele.
Nel corso della loro storia, le IDF non si sono limitate alla tradizionale deterrenza difensiva, ma hanno sviluppato sostanziali capacità di deterrenza offensiva, ritenuta più adatta al caso israeliano in seguito a considerazioni strategiche di natura geografica, demografica e militare. La deterrenza offensiva viene definita efficacemente da Zhao Xijun, ricercatore presso la National Defense University di Pechino, come una forma di deterrenza orientata all’attacco, la cui caratteristica principale consiste nel lancio di operazioni preventive con l’obiettivo di evitare la possibilità di un conflitto più ampio, in sostanza «usando la guerra per fermare la guerra»[10]. Sebbene Xijun teorizzi la deterrenza offensiva pensando all’apparato militare della Repubblica Popolare Cinese, il concetto riprende molti elementi dell’azione delle IDF e del complessivo pensiero strategico israeliano. In questo quadro, la deterrenza assume diversi tratti della coercizione, intesa come la minaccia dell’uso della forza, o il suo uso limitato, allo scopo di influenzare il comportamento dell’avversario di turno e indurlo a modificare le proprie scelte[11].
L’asimmetria tra Israele e le potenzialità dei rivali ha costretto l’establishment politico-militare israeliano a elaborare piani operativi basati su azioni rapide e preferibilmente a sorpresa, in grado di raggiungere repentinamente vittorie decisive (hachra’a). Non solo, la complessiva strategia delle IDF risulta plasmata dal concetto di en brera, ovvero “non avere altra scelta”. Questo sentimento, fondamentale per la storia politica e militare dello Stato di Israele, viene definito dallo storico militare israeliano Martin Van Creveld come un equilibrio tra due realtà complementari: la convinzione israeliana di essere katan be-toch yam arvi (una piccola isola all’interno di un mare arabo) e meatim mul rabbim (in pochi contro molti)[12].
La pervasività della sensazione di en brera ha portato la dirigenza israeliana a elaborare la particolare Dottrina Dahiya, la quale prende il nome dalla periferia meridionale della capitale libanese Beirut, storica roccaforte di Hezbollah. Elaborata in seguito al conflitto contro il “Partito di Dio” del 2006 e formalizzata durante il periodo da ramatkal (termine ebraico per indicare il Comandante in Capo delle IDF) del generale Gadi Eisenkot, la Dottrina Dahiya prevede l’utilizzo di una forza sproporzionata nel reagire a qualsiasi tipo di attacco o possibile minaccia[13]. Lo stesso Eisenkot, nel 2008, affermò che ciò che subì Dahiya, ovvero pesanti bombardamenti volti a obliterare le capacità offensive di Hezbollah, sarebbe stato generalizzato, e che ogni piattaforma di lancio per attacchi contro lo Stato di Israele avrebbe ricevuto una risposta decisiva e sproporzionata[14], con implicazioni che mettono in discussione l’aderenza ai principi fondamentali del Diritto Internazionale Umanitario, in particolare per quanto riguarda la distinzione tra obiettivi civili e militari. Israele non ha infatti ratificato i due Protocolli addizionali alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949[15]. Le assunzioni della Dottrina Dahiya tenderebbero infatti a disapplicare le norme sancite all’interno degli articoli 48, 51 e 57 del primo Protocollo addizionale del 1977, afferenti ai principi di distinzione, proporzionalità e precauzione dello ius in bello.
Il paradigma della Dottrina Dahiya, sebbene sia stato concettualizzato solamente nella cornice della guerra del Libano del 2006, in realtà può considerarsi applicato sin dall’istituzione dello Stato nel 1948, in quanto alcune sue logiche risultano coerenti con le prassi operative usate dalle IDF a partire dalla loro fondazione. La complessiva strategia di deterrenza israeliana, svincolata da regole estranee alla soddisfazione degli interessi e delle aspettative politico-militari israeliane, ha come suo architrave proprio la Dottrina Dahiya[16].
Il raggiungimento di una consistente e credibile deterrenza si lega strettamente alla ricerca di un’autonoma capacità dello Stato ebraico di affrontare qualsivoglia tipo di minaccia per la sua sicurezza. Ad esempio Uzi Dayan, ex generale e politico israeliano, sottolinea come, per guadagnarsi la capacità di difendersi senza l’aiuto di altri, Israele necessiti di linee di difesa difendibili, partendo dalla considerazione che i confini tracciati dall’armistizio del 1949 fossero in realtà indifendibili[17]. A partire dalla conclusione della terza guerra arabo-israeliana del 1967, Israele ha di fatto guadagnato una certa profondità strategica non negoziabile, prioritariamente per quanto riguarda la Cisgiordania e le alture del Golan, la quale gli è inoltre stata utile per l’installazione di sistemi di early-warning vitali per il corretto funzionamento dello stratificato sistema di difesa aerea a corto, medio e lungo raggio.
Il conflitto esploso il 7 ottobre 2023 tra Israele e i gruppi di resistenza palestinesi a Gaza e successivamente allargatosi a gran parte del Medio Oriente ha dato prova della concretezza operativa delle IDF. La reazione all’operazione Diluvio di al-Aqsa, programmata ed eseguita dal Movimento di Resistenza Islamico (Hamas) e dalla Jihad Islamica Palestinese (PIJ) ha coinvolto, oltre alla Striscia di Gaza, anche Yemen, Siria, Libano, Qatar, Iraq e Iran. In particolare, nelle operazioni contro l’Hezbollah libanese e contro la Repubblica Islamica dell’Iran sono state confermate numerose delle direttrici strategiche delle IDF. Entrambe le campagne hanno visto un elemento di sorpresa, sono state relativamente brevi, grazie al sistema di early-warning e all’accuratezza dei sistemi autoprodotti in Israele, in particolare lo scudo missilistico triangolare composto dai vettori Iron Dome, David’s Sling e Arrow, hanno prodotto contraccolpi moderati sul territorio israeliano e, anche se non sono risultate nella completa distruzione dell’avversario, possono sicuramente annoverarsi tra le hachra’a, le vittorie decisive. L’operazione Rising Lion contro le infrastrutture nucleari e missilistiche iraniane non solo ha ritardato lo sviluppo del programma atomico iraniano, ma ha eliminato gran parte della catena di comando delle IRGC e dell’Artesh, le forze armate regolari iraniane[18]. Invece, sul suolo libanese, il 27 settembre 2024 un raid chirurgico dell’aviazione israeliana (IAF) ha ucciso il Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dalla guerra dell’estate 2006 uno degli obiettivi principali di Tzahal[19].
Indebolita la galassia iraniana in Medio Oriente, potrebbero presto attivarsi nuove faglie di conflitto. La Turchia, vera realtà ascendente della regione, si sta mostrando ostile verso alcuni interessi israeliani, in particolare nella regione levantina[20]. Ecco che Israele, nonostante sia coinvolto in una fase di belligeranza da ormai più di due anni ma che, in seguito alla tregua a Gaza, sembra andare a disinnescarsi, resta vigile e saldo sui propri imperativi di sicurezza.
[1] La prima Basic Law: The Knesset (il Parlamento) venne redatta nel 1958, la più recente e controversa Basic Law: Israel – The Nation State of the Jewish People risale al 2018. Con l’impianto delle Basic Laws, il sistema giuridico israeliano si presenta con un unicum, capace di andare a imporre un “sigillo costituzionale” su materie rilevanti ma anche particolarmente spinose per la situazione politica domestica e internazionale. Edrey Y. M., The Israeli Constitutional Revolution/Evolution, Models of Constitutions, and Lesson from Mistakes and Achievements, The American Journal of Comparative Law, 2005.
[2] Per il dettato completo della legge seguire il link https://m.knesset.gov.il/EN/activity/documents/BasicLawsPDF/BasicLawTheMilitary.pdf.
[3] Cohen R. A., The Israeli Defense Forces (IDF): From a “People’s Army” to a “Professional Military” – Causes and Implications, Armed Forces & Society, 1995.
[4] Al-Qazzaz A., Army and Society in Israel, The Pacific Sociological Review, 1973.
[5] Hadar M., Häkkinen T., Conscription and Willingness to Defend as Cornerstones of National Defense in Israel and Finland, Journal of Political and Military Sociology, 2020.
[6] Nucleo originale delle IDF, l’Haganah è il corpo di difesa ebraico nato nel 1920 per difendere i kibbutz e gli insediamenti ebraici controllato dal partito socialista Mapai e dal sindacato progressista Histadrut. Tra le file dell’Haganah militavano alcune tra le più importanti personalità del futuro Stato di Israele. Di Motoli P., I Mastini della Terra, la Destra Israeliana dalle Origini all’Egemonia, Fuori Scena, 2025.
[7] Mearsheimer J. J., The Tragedy of Great Power Politics, Norton & Company, 2001.
[8] Snyder G. H., Mearsheimer’s World-Offensive Realism and the Struggle for Security: A Review Essay, International Security, 2002.
[9] Inbar E., Sandler S., Israel’s Deterrence Strategy Revisited, Security Studies, 1993/1994.
[10] Xijun Z., Coercive Deterrence Warfare: A Comprehensive Discussion on Missile Deterrence, National Defense University Press, 2005.
[11] Byman D., Waxman M. C., Larson E., Air Power as a Coercive Instrument, RAND Corporation, 1999.
[12] Van Creveld M., La Spada e l’Ulivo, Storia dell’Esercito Israeliano, Carocci editore, 2004.
[13] Siboni G., Disproportionate Force: Israel’s Concept of Response in Light of the Second Lebanon War, The Institute for National Security Studies, 2008.
[14] Di Donato M., Hezbollah: Storia del Partito di Dio, MIMESIS, 2015.
[15] Per consultare il testo integrale dei Protocolli addizionali si segua il link https://www.icrc.org/sites/default/files/external/doc/en/assets/files/other/icrc_002_0321.pdf.
[16] Balpinar Z., The Analysis of Dahiya Doctrine in the Context of Israel’s Further Security Claim, Journal of Mehmet Akif Ersoy University Economics and Administrative Science Faculty, 2018.
[17] Dayan U., Israel’s National Security Considerations in Its Approach to the Peace Process, Jewish Political Study Review, 2012.
[18] https://edition.cnn.com/2025/06/13/middleeast/israel-iran-strikes-military-deaths-intl-hnk.
[19] https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/6-consequences-israel-killing-hezbollahs-hassan-nasrallah.
[20] Santoro D., Dopo Damasco, Gerusalemme? L’ascesa della Turchia Superpotenza di Domani, Limes: Allarme a Sud-Est, N. 2, 2025.
Laureato con Lode in Studi Internazionali (LM-52) all’Università di Pisa e vincitore del Premio America Giovani per il talento universitario. Attualmente frequenta il Master della Fondazione Italia-USA Leadership per le Relazioni Internazionali e il Made in Italy. Appassionato di geopolitica e Relazioni Internazionali, con un particolare interesse per lo studio dei Paesi MENA.

