L’Europa si trova oggi di fronte a una duplice sfida che definirà il suo futuro energetico e che avrà ripercussioni sul piano geopolitico. Da un lato, l’obiettivo vincolante di neutralità climatica entro il 2050, sancito dal Green Deal europeo, impone una trasformazione radicale del sistema energetico, Dall’altro, la crisi energetica scatenata dall’aggressione russa all’Ucraina nel 2022 ha mostrato la vulnerabilità dell’Unione Europea in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, costringendo gli Stati membri ad accelerare la diversificazione delle fonti e a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi. In questo contesto di urgenza del raggiungere i target stabiliti, le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) emergono come strumento strategico per coniugare decarbonizzazione, resilienza territoriale e democrazia energetica, trasformando i cittadini da consumatori passivi a protagonisti attivi della transizione energetica.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili: definizione e fondamenti giuridici

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano uno degli strumenti più innovativi introdotti dal diritto europeo dell’energia per accelerare la transizione verso un sistema energetico territorialmente radicato, solidale e democratico. La loro istituzionalizzazione normativa si fonda principalmente su due direttive europee: la Direttiva 2018/2001/UE (RED II) sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili e la Direttiva 2019/944/UE (EMD) sul mercato interno dell’energia elettrica, entrambe facenti parte del pacchetto legislativo Clean Energy for All Europeans[1].

In dettaglio, secondo l’articolo 2, paragrafo 16, della RED II, le Comunità Energetiche Rinnovabili sono definite come entità giuridiche basate sulla partecipazione aperta e volontaria, autonome ed effettivamente controllate da azionisti o membri situati in prossimità dei progetti di energia rinnovabile posseduti e sviluppati dall’entità stessa[2]. I membri possono essere persone fisiche, PMI o autorità locali, inclusi i comuni, e l’obiettivo primario non è il profitto finanziario, ma fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri membri o alle aree locali in cui operano[3]. Inoltre, le CER godono di ampie competenze, possono infatti produrre, consumare, immagazzinare e vendere energia rinnovabile, nonché condividere l’energia prodotta tra i membri della comunità[4]. Parallelamente, la Direttiva EMD introduce il concetto di Comunità Energetiche dei Cittadini (CEC), entità giuridiche controllate da membri che sono persone fisiche, autorità locali o piccole imprese, con l’obiettivo primario di fornire benefici di comunità piuttosto che profitti finanziari[5]. A differenza delle CER, le CEC non sono limitate alle sole fonti rinnovabili e non richiedono prossimità geografica ai progetti, questo permette il loro impiego in una gamma più ampia di attività, tra cui generazione, distribuzione, fornitura, aggregazione, efficienza energetica e servizi di ricarica per veicoli elettrici[6].

Dal consumatore passivo al prosumer e i benefici della cittadinanza energetica

Questi quadri normativi stabiliti da RED II ed EMD hanno fondamentalmente trasformato il ruolo dei consumatori energetici, tradizionalmente passivi, in partecipanti attivi della transizione energetica. Questa trasformazione introduce il concetto di “prosumer” (produttore-consumatore), ossia un attore che partecipa attivamente alla produzione e al consumo di energia elettrica da fonti rinnovabili da mettere a disposizione della comunità.

Il coinvolgimento dei cittadini nella transizione energetica opera principalmente attraverso tre livelli distinti di partecipazione, ciascuno rappresentante un impegno via via più profondo all’interno del sistema energetico. Al livello base, i consumatori contribuiscono attraverso il consumo flessibile di elettricità, adattando i loro schemi di utilizzo alle condizioni della rete. Al secondo livello, attraverso l’autoproduzione (tipicamente mediante sistemi fotovoltaici sui tetti degli edifici), si verifica la transizione da semplice consumatore a prosumer. Tuttavia, in questo caso si preferisce mantiene la connessione alla rete pubblica per i periodi in cui l’autoproduzione è insufficiente. Infine, il terzo e più avanzato livello riguarda la partecipazione alle comunità energetiche, dove i prosumer condividono collettivamente l’energia, operando potenzialmente come trader o fornitori di energia[7]. Questo livello rappresenta l’espressione più completa della partecipazione cittadina alla transizione energetica, consentendo alle comunità di funzionare come attori di mercato unificati con diritti paragonabili a quelli delle compagnie energetiche tradizionali. Le proiezioni dell’organizzazione olandese CE Delft stimano che entro il 2030, 112 milioni di cittadini potrebbero produrre elettricità, salendo a circa 264 milioni entro il 2050 (circa la metà della popolazione dell’UE)[8].

Il modello di autoconsumo può generare benefici significativi in varie dimensioni del sistema energetico. È economicamente vantaggioso per i consumatori, poiché l’elettricità autoprodotta evita gli oneri di rete, le tasse e i prelievi associati alla fornitura convenzionale. Da una prospettiva di sistema, i prosumer contribuiscono alla gestione della domanda riducendo la tensione sulla rete durante i periodi di picco, favorendo la stabilità della rete senza richiedere lo status di consumatore attivo[9].

Le comunità energetiche facilitano inoltre l’emergere della “cittadinanza energetica”, un concetto che descrive nuove forme di impegno politico incentrate sulla produzione, il consumo e la governance dell’energia e introduce pratiche di solidarietà territoriale basate sull’adesione a infrastrutture energetiche condivise e sulla responsabilità collettiva per la transizione energetica[10]. Considerando questo, la partecipazione civica non può essere ridotta a calcoli di utilità razionale, ma riflette una complessa combinazione di valori etici, fiducia e infrastrutture, includendo sia motivazioni economiche (riduzione dei costi energetici) sia sociali (preoccupazione ambientale, fiducia nelle istituzioni, solidarietà).

In definitiva, le direttive RED II ed EMD rappresentano strumenti normativi fondamentali per plasmare un nuovo paradigma energetico europeo, orientato verso i principi di sostenibilità ambientale, partecipazione democratica e solidale ed integrazione dei mercati energetici, con l’obiettivo di promuovere l’accettabilità sociale della transizione verso energie pulite.

Tre modelli europei a confronto: Italia, Germania e Danimarca

L’implementazione delle direttive europee nei diversi Stati membri dell’Unione Europea ha dato origine a modelli nazionali di comunità energetiche profondamente differenziati, condizionati da tradizioni costituzionali, culture energetiche e scelte di policy specifiche. L’analisi di tre casi, Italia, Germania e Danimarca, mostra come approcci distinti, riflettano percorsi istituzionali divergenti nella traduzione delle norme europee in pratiche territoriali di governance energetica.

Italia: sviluppo accelerato ma frammentato

L’Italia ha adottato un approccio di recepimento legislativo completo attraverso i Decreti Legislativi 199/2021 e 210/2021, che hanno esplicitamente incorporato la definizione di REC e stabilito quadri normativi comprensivi per la condivisione di energia tra i membri della comunità. Tuttavia, i più recenti dati risalenti a marzo 2025 evidenziano un’implementazione ancora molto limitata: il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) riporta 212 CER operative, coinvolgendo 326 impianti con circa 18 MW di capacità e 1.956 utenti connessi[11]. Queste cifre rappresentano solo l’1% dell’obiettivo stabilito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede 1.730 MW installati entro giugno 2026[12].

Dunque il reale sviluppo delle CER sul territorio nazionale è ancora fortemente limitato. L’Italia infatti deve affrontare sfide costanti come la complessità burocratica e la frammentazione amministrativa. Nonostante il governo abbia aggiornato le Regole Operative per CACER (Autoconsumo Collettivo e Comunità Energetiche Rinnovabili) e riaperto la finestra di finanziamento del PNRR dal 21 luglio al 30 novembre 2025, estendendo l’idoneità ai comuni con fino a 50.000 abitanti[13], l’implementazione resta molto al di sotto degli obiettivi prefissati, evidenziando come le sfide persistenti e la mancanza di competenze locali continuino ad essere un ostacolo per una transizione energetica dal basso, resiliente, equa e sostenibile.

Germania: il modello cooperativo radicato nella tradizione del Bürgerenergie

La Germania rappresenta un caso differente, paradossalmente caratterizzato da un’implementazione frammentaria delle direttive europee, seppur il paese goda di una lunga tradizione in materia di cooperazione energetica. In particolare, sebbene il paese non disponga di un registro nazionale di CER conforme al diritto dell’UE, la solida base rappresentata dalle cooperative energetiche (Energiegenossenschaften) costituisce il fondamento dell’energia di comunità[14]. Stando ai dati del 2024, si registrano 951 cooperative energetiche con circa 220.000 membri connessi, le quali usano un mix tecnologico fortemente orientato al solare, con il 77% delle cooperative che gestisce impianti fotovoltaici, mentre il 17% opera nell’eolico[15].

L’approccio tedesco presenta lacune significative nell’implementazione completa delle direttive europee. Mentre l’Italia ha emanato i Decreti Legislativi come strumenti uniformi di recepimento, la Germania si è affidata a modifiche della legislazione esistente, principalmente la Legge sulle Fonti Rinnovabili (EEG), risultando in un recepimento incompleto. In particolare, il paese resta indietro nell’implementazione della condivisione energetica (energy sharing) e manca di un quadro normativo che consenta la condivisione di energia tra proprietari e inquilini negli edifici multifamiliari[16].

Danimarca: governance semplificata e partecipazione municipale

La Danimarca rappresenta l’integrazione più sviluppata della partecipazione cittadina nella gestione dell’energia, a causa della sua governance energetica semplificata combinata con forti tradizioni di autonomia municipale e partecipazione democratica nelle decisioni energetiche. Il recepimento normativo completo delle categorie REC e CEC è avvenuto nel 2021, quando le Comunità Energetiche Rinnovabili sono state incorporate nel Renewable Energy Promotion Act (VE-loven)[17]. Parallelamente, sul fronte della rete, la Danimarca ha abilitato tariffe di distribuzione geograficamente differenziate e linee dirette nel 2022 e, secondo gli ultimi sviluppi del luglio 2025, l’Autorità di Regolazione delle Utility Danesi (DUR) ha approvato una metodologia Cerius/Radius per le comunità energetiche locali, stabilendo tariffe di rete basate sul tempo di utilizzo più la domanda di picco annuale del gruppo[18].

Concretamente, uno dei primi esempi di REC danese è Middelgrunden, una cooperativa fondata a Copenaghen alla fine degli anni ’90 per sviluppare un parco eolico offshore da 20 turbine da situate nelle acque poco profonde dell’Øresund. La caratteristica distintiva della governance energetica era la divisione della proprietà, con 10 turbine gestite dalla cooperativa (Middelgrunden Vindmøllelaug) e 10 dall’utility municipale (allora Copenhagen Energy, oggi HOFOR)[19]. Il progetto è stato sottoscritto da oltre 8.650 cittadini attraverso 40.500 azioni, tutte collocate prima dell’entrata in funzione del progetto, dimostrando il forte coinvolgimento cittadino in materia energetica.

Le CER come strumento di resilienza territoriale

Una volta stabilite le loro basi giuridiche e il loro funzionamento e utilizzo, è opportuno esplorare la rilevanza strategica che le Comunità Energetiche Rinnovabili assumono nel contesto della sicurezza energetica europea e della costruzione di un’autonomia energetica territoriale. La crisi energetica scatenata dall’aggressione russa all’Ucraina nel febbraio 2022 ha evidenziato la profonda vulnerabilità dell’Unione Europea in termini di sicurezza degli approvvigionamenti energetici[20]. L’UE ha riconosciuto che le enormi somme pagate alla Russia per le importazioni di gas, petrolio e carbone hanno contribuito a finanziare l’offensiva militare di Mosca, mentre l’improvviso aumento dei prezzi e le prime interruzioni delle forniture di gas subite da Bulgaria e Polonia hanno aggravato l’emergenza[21].

In risposta a questa crisi sistemica, la Commissione Europea ha presentato nel maggio 2022 il Piano REPowerEU, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’Unione dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione ecologica. In questo quadro strategico, le comunità energetiche si configurano come strumenti essenziali per realizzare una transizione energetica dal basso, resiliente ed equa. La loro funzione si articola su tre dimensioni fondamentali.

In primo luogo, le CER riducono la vulnerabilità da shock esterni attraverso la decentralizzazione della produzione energetica. Diversamente dai modelli centralizzati basati su grandi impianti e lunghe catene di approvvigionamento, le comunità energetiche creano infatti sistemi di produzione e consumo locale che sono intrinsecamente più resilienti alle interruzioni delle forniture esterne. Dunque, la capacità dei territori di autogestire la transizione energetica rappresenta un elemento strategico di autonomia che mitiga i rischi geopolitici associati alla dipendenza da fornitori esterni. In secondo luogo, le CER incarnano un nuovo modello di democrazia energetica che contrasta la concentrazione del potere nelle mani di grandi utility. Il passaggio da un sistema energetico verticale, dominato da pochi operatori, a un modello orizzontale basato sulla proprietà diffusa e sulla partecipazione democratica rappresenta una trasformazione profonda delle relazioni di potere nel settore energetico[22]. Questo decentramento non è solo una questione di efficienza tecnica, ma permette una ridistribuzione strategica del controllo delle risorse energetiche, con implicazioni dirette sulla sicurezza e sulla sovranità energetica dei territori. In ultima analisi, emerge una dimensione competitiva a livello europeo: i paesi e le regioni che riusciranno a sviluppare ecosistemi territoriali di comunità energetiche avranno vantaggi economici e strategici nel medio-lungo periodo. Il caso italiano è emblematico: nonostante un quadro normativo completo, i numeri, come evidenziato in precedenza, non soddisfano gli obiettivi prefissati. Questo ritardo non è meramente quantitativo, ma configura un rischio strategico. Infatti, l’incapacità di mobilitare rapidamente le risorse territoriali per la transizione energetica si traduce in una persistente dipendenza dalle importazioni e in una minore capacità di adattamento agli shock energetici futuri.

Opportunità e rischi per l’Europa

Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano dunque un’innovazione istituzionale con potenzialità strategiche significative per l’Unione Europea, ma la loro effettiva capacità di trasformare il sistema energetico dipende dalla risoluzione di tensioni strutturali tra ambizione normativa e implementazione operativa.

Le opportunità per l’Europa risiedono nella capacità delle CER di coniugare tre obiettivi simultanei: decarbonizzazione accelerata, riduzione della vulnerabilità geopolitica e democratizzazione del sistema energetico. La transizione energetica dal basso, basata sulla proprietà diffusa e sulla partecipazione cittadina, configura un modello di sovranità energetica territoriale che si pone l’obiettivo di mitigare i rischi associati alla dipendenza da fornitori esterni e alle interruzioni delle catene di approvvigionamento. Tuttavia, i rischi sono altrettanto evidenti. Il divario crescente tra paesi pionieri e paesi ritardatari nell’implementazione delle CER rischia di creare un’Europa a più velocità anche nella transizione energetica, con conseguenze sulla competitività economica e sulla coesione territoriale. L’incapacità di superare gli ostacoli burocratici, di formare competenze locali e di garantire meccanismi di finanziamento accessibili potrebbe trasformare le CER da strumento di resilienza in ulteriore fattore di frammentazione. Inoltre, le tensioni politiche emerse nell’implementazione del Green Deal suggeriscono che la legittimità sociale della transizione energetica rimane ancora fragile, specialmente quando i costi distributivi non sono adeguatamente affrontati.

In conclusione, il successo delle Comunità Energetiche Rinnovabili come pilastro della sicurezza energetica europea dipenderà dalla capacità dell’Unione di trasformare l’attuale mosaico di esperienze nazionali in un sistema coordinato di governance multilivello, capace di bilanciare autonomia territoriale e coerenza strategica. Solo attraverso questa sintesi le CER potranno realizzare pienamente il loro potenziale come infrastrutture per un’Europa energeticamente sovrana e democratica nell’ottica di un futuro più sostenibile.


[1] Vetrò, F., (2020), Evoluzioni del diritto europeo dell’energia, transizione energetica e sistema istituzionale: il ruolo del GSE S.p.A., Il diritto dell’economia ISSN 1123-3036, anno 66, n. 101.

[2] Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, articolo 2, paragrafo 16, lettere da (a) a (c), Eur-lex.europa.eu. <https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2018/2001/oj/eng>.

[3] Ibidem.

[4] Ivi., art. 22(2) da (a) a (c).

[5] Direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, Eur-lex.europa.eu. <https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2019/944/oj/eng>.

[6] Ibidem.

[7] Antoni, J., Rodi, M., Active participation in the energy transition: The challenges of European regulation, in Karimi, F., Rodi, M., (ed), (2022), Energy Transition in the Baltic Sea Region: Understanding Stakeholder Engagement and Community Acceptance, Routledge Studies in Energy Transition, p. 21.

[8] Kampman, B., Blommerde, J., Afman, M., (2016), The potential of energy citizens in the European Union, CE Delft, Ce.nl. <https://ce.nl/wpcontent/uploads/2021/03/CE_Delft_3J00_Potential_energy_citizens_EU_final_1479221398.pdf>.

[9] Karimi, F., Rodi, M., (ed), (2022), cit., p. 27.

[10] Ivi., pp. 43-46.

[11] Lumi 4 Innovation, (2025), Comunità Energetiche in Italia: Stato dell’arte – Giugno 2025, Lumi4innovation.it. <https://www.lumi4innovation.it/comunita-energetiche-giugno-2025/>.

[12] Krug, M., Di Nucci, M. R., Caldera, M., De Luca, E., (2022), Mainstreaming Community Energy: Is the Renewable Energy Directive a Driver for Renewable Energy Communities in Germany and Italy?, Sustainability, 14(12), 7181.

[13] Marinone, L., (2025), Comunità Energetiche Rinnovabili: Italia ancora al palo, ma le richieste crescono, Rinnovabili.it. <https://www.rinnovabili.it/energia/comunita-energetiche-rinnovabili/cer-in-italia-1-target-pnrr/>.

[14] DGRV – Deutscher Genossenschafts- und Raiffeisenverband, (2024), Energiegenossenschaften 2024 – Annual Survey, Dgrv.de. <https://www.dgrv.de/wp-content/uploads/2024/07/DGRV_Energiegenossenschaften_Umfrage_2024.pdf>.

[15] Ibidem.

[16] Krug, M., Di Nucci, M. R., Caldera, M., De Luca, E., (2022), cit.

[17] Ministero del Clima, dell’Energia e dei Servizi Pubblici, Bekendtgørelse af lov om fremme af vedvarende energi [Legge consolidata sulla promozione delle energie rinnovabili] (LBK n. 1031 del 6 settembre 2024), Retsinformation.dk. <https://www.retsinformation.dk/eli/lta/2024/1031/>.

[18] Forsyningstilsynet (Autorità danese di regolazione dei servizi pubblici), (2025), Forsyningstilsynet godkender en metode og en branchevejledning om tarifering af lokale sammenslutninger, Forsyningstilsynet.dk. <https://forsyningstilsynet.dk/nyheder/2025/jul/forsyningstilsynet-godkender-en-metode-og-en-branchevejledning-om-tarifering-af-lokale-sammenslutninger->.

[19] Larsen, J., H., (2001), The World´S Largest Off-Shore Windfarm, Middelgrunden 40 Mw, Copenhagen Environment And Energy Office (CEEO), Middelgrunden.dk. <https://www.middelgrunden.dk/wp-content/uploads/2021/01/Artikel_WORLD-SUSTAINABLE-ENERGY-DAY-2001.pdf>.

[20] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano REPowerEU, COM(2022) 230 final, Eur-lex.europa.eu. <https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A52022DC0230>.

[21] Ibidem.

[22] Karimi, F., Rodi, M., (ed), (2022), cit., p. 43-46.

Immagine in evidenza: Solar photovoltaic windmill wind energy at sunset –https://www.gettyimages.it/detail/foto/solar-photovoltaic-windmill-windenergyatimmagineroyaltyfree/2219251799?phrase=energie%20rinnovabili&searchscope=image%2Cfilm&adppopup=true

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