La propaganda online, in un mondo cosi tecnologizzato come quello odierno, è diventata uno degli strumenti più potenti per la diffusione dell’estremismo violento, supportando i meccanismi contemporanei di radicalizzazione, reclutamento e incitamento ad azioni terroristiche. In particolare, con laffermazione dei social media e delle app di messaggistica istantanea, gruppi estremisti (da ambienti jihadisti a suprematisti bianchi e neonazisti) hanno perfezionato modalità comunicative volte a creare comunità digitali radicalizzate, persistenti e interattive. Il rapporto tra ambienti jihadisti, complottisti, suprematisti e neonazisti si sta intensificando attraverso una convergenza di svariate pratiche comunicative: video virali, narrazioni anti‑istituzionali, canali cifrati e pubblicazioni digitali. È vero, le differenze ideologiche sono in taluni casi abissali, ciononostante queste reti condividono strategie evolute di degrado degli avversari, glorificazione della violenza e chiusura in comunità autoreferenziali. Già nei primi anni 2000, gruppi jihadisti (come Al‑Qaeda ad esempio) impiegavano Internet con video artigianali e forum online. Tuttavia, l’ascesa dell’ISIS ha segnato una svolta iper‑mediale: video girati professionalmente, riviste digitali come “Dabiq” e “Rumiyah”, podcast e canali Telegram criptati, posizionando il web come un autentico campo di battaglia informativo globale¹. La letteratura scientifica ha sovente cercato di interpretare questi fenomeni attraverso diversi modelli teorici e tra questi, il modello DRIA (Disintegrazione, Ricostruzione, Integrazione, Alienazione) di Alessandro Orsini concepisce la radicalizzazione come processo di costruzione identitaria in individui socialmente disconnessi, facilitato da ambienti chiusi e ideologicamente omogenei accessibili online². L’approccio statunitense, invece, prevede quattro fasi progressive: pre-radicalizzazione, identificazione, indottrinamento e attivazione³. In ogni fase e per entrambi i modelli citati, le piattaforme digitali sono essenziali come spazi di contatto, propaganda e mobilitazione.

Nel contesto italiano, negli ultimi anni si è assistito a un aumento significativo dei casi di radicalizzazione online, con numerosi arresti legati alla propaganda terroristica. Secondo i dati Europol riferiti al 2024, l’Italia ha registrato 62 arresti per terrorismo, molti dei quali connessi alla propaganda jihadista o all’estremismo di destra⁴. Particolarmente rilevante e piuttosto recente, è stata loperazione del ROS dei Carabinieri del gennaio 2025, che ha condotto allarresto di quattro soggetti in diverse città (Bologna, Milano, Perugia, Udine), accusati di proselitismo ideologico in ambito jihadista. Tra questi, un giovane pakistano di 22 anni residente a Bologna è risultato essere il principale promotore online, ed è emerso dalle indagini che egli stesso coinvolgesse direttamente anche il fratello minore. Due cittadini pakistani arrestati a Brescia nel dicembre 2023 sono stati ritenuti responsabili della diffusione di contenuti e materiali affiliati a ISIS e Al‑Qaeda tramite social network e gruppi chiusi. Anche a Palermo, due giovani, tra cui un cittadino italiano, sono stati arrestati per proselitismo jihadista attraverso l’uso di social media e app; a Perugia, un ventiquattrenne italiano è stato identificato per accesso sistematico a siti jihadisti e possesso di migliaia di documenti su armi ed esplosivi, segno di avanzata radicalizzazione istruttiva, concretamente considerata una minaccia. Anche nell’estremo nord Italia a Trento, una coppia proveniente dal Kosovo è stata arrestata per pianificazione di attentati commissionati dall’ISIS sul suolo italiano, delineando il reclutamento transnazionale via canali digitali, dimostrando di fatto come il terrorismo possa permeare all’interno delle realtà sociali attraverso l’utilizzo dei social networks.

Un episodio da menzionare doverosamente riguarda il caso Werwolf Division, emerso nel dicembre 2024, il quale rappresenta uno dei fatti più gravi legati allestremismo di destra in Italia. L’operazione è stata coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e condotta dalla Digos di Bologna e Napoli ed ha portato all’arresto di 12 persone su 25 indagate in 17 province (tra cui Bologna, Milano, Bari, Palermo, Roma)⁵. Il gruppo, autodefinitosi “Werwolf Division” poi rinominato “Divisione Nuova Alba”, era un’organizzazione suprematista neonazista paramilitare, con età degli indagati compresa tra 19 e 76 anni⁶ e tutti accusati di associazione a fine di terrorismo, propaganda, incitamento all’odio razziale ed etnico, detenzione illegale di armi da fuoco. La cosa che importa ai fini della seguente analisi è proprio il fatto che il gruppo operasse su Telegram con canali denominati Werwolf Division Discussioni e Movimento Nuova Alba, utilizzati per reclutare e formare “guerrieri” estremisti. Veniva addirittura promosso volantinaggio fisico in provincia di Bologna con messaggi inneggianti alla rivolta violenta e raffigurazioni simboliche estremiste (skullmask, sole nero, ecc). Dalle conversazioni intercettate emergevano piani concreti per attentati contro la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, discussi anche attraverso sopralluoghi nei pressi di Montecitorio, e addestramento paramilitare con annesso poligono clandestino vicino a Bologna⁷. Alcuni responsabili erano in contatto con membri di gruppi negazionisti come l’Ordine di Hagal, anch’esso sciolto nel 2022 e le immagini ed il materiale sequestrato includevano uniformi paramilitari, bandiere naziste, machete e simboli fascisti⁸.

Secondo il “Terrorism Situation & Trend Report 2024” di Europol, le autorità europee hanno arrestato 426 individui per reati di terrorismo, di cui 334 per terrorismo jihadista, con un aumento significativo rispetto al biennio precedente⁹. L’Italia rientra in queste statistiche in maniera piuttosto consistente, tant’è che, da sola, ha registrato 62 arresti nel 2024 per terrorismo, molti collegati ad attività online estremiste. Parallelamente, l’Osservatorio ReaCT evidenzia come il reclutamento digitale stia diventando il principale vettore d’ingresso per il terrorismo jihadista in Europa¹⁰. Interessante è l’età media degli arrestati la quale oscilla tra i 18 e 27 anni; essi sono spesso privi di precedenti penali e legati a comunità digitali chiuse, dove la propaganda è sia fruita sia prodotta attivamente. Attraverso meccanismi virali, peer-to-peer e insiemi autoreferenziali, la transizione da consumatori passivi di contenuti a promotori attivi può avvenire in tempi brevissimi, come nei casi citati precedentemente. Elementi comuni nei diversi contesti estremisti includono: percezione di marginalità sociale, ricerca identitaria, facilità di contatto online, contenuti altamente simbolici, narrazioni apocalittiche.

Come comportarsi di fronte a questo fenomeno? Per fronteggiare la minaccia della propaganda online è necessario approcciare il fenomeno su più fronti: intelligence e monitoraggio algoritmico; educazione digitale; prevenzione psicologica e programmi di deradicalizzazione; campagne di contro-narrazione; cooperazione internazionale.

La propaganda online è oggi un ambiente di formazione identitaria deviante e un punto di accesso primario per il terrorismo. L’Italia, con gli esempi di Brescia, Palermo, Perugia, Trento e l’operazione Werwolf Division, ne offre un quadro esemplare delle sue forme contemporanee. Il terrorismo digitale permea nella società, in maniera nettamente più veloce rispetto al passato, sintomo della estrema efficacia che la propaganda online ha sulle persone, in particolare i giovani.  Serve una risposta strategica complessa che unisca competenze tecniche, educative e sociali per arginare e spezzare i meccanismi di radicalizzazione online, consapevoli del fatto che il fenomeno terroristico digitale non può essere ignorato e rappresenta tutt’oggi una minaccia concreta.

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