Da Abe a Takaichi e la fine del pacifismo costituzionale
L’elezione di Sanae Takaichi segna una nuova fase della politica estera giapponese. La neoeletta prima ministra giapponese, nonché prima donna a ricoprire il ruolo nella storia giapponese, è esponente dell’ala conservatrice e nazionalista del Partito Liberale Giapponese. Dietro l’ascesa di Takaichi si intravede la lunga ombra di Shinzō Abe, di cui la nuova premier è stata una delle alleate più leali. Formata politicamente all’interno del suo blocco conservatore, Takaichi condivide con Abe l’obiettivo di “normalizzare” il Giappone, liberandolo dai vincoli del pacifismo costituzionale e restituendogli la capacità di proiezione strategica.
Il revisionismo costituzionale è centrale nella realizzazione di tali scopi. L’articolo 9 della costituzione giapponese del 1947 è il maggiore ostacolo: divieto assoluto di qualsiasi forza armata o uso della forza, appaltando la difesa del Giappone interamente agli Stati Uniti. Seppur esente da revisione formale, questo fu reinterpretato più volte.[1] Dal 1954 con la creazione delle Forze di Autodifesa (JSDF o Jietai) fino alla svolta di Abe nel 2014, l’articolo è stato progressivamente svuotato del suo pacifismo originario consentendo al Giappone di esercitare la difesa collettiva limitata.[2]
Con quasi certezza, Takaichi spingerà oltre, verso il superamento completo delle clausole pacifiste dell’Articolo 9. Ciò è premesso nel documento d’intesa siglato il 20 ottobre 2025 con il Partito della Restaurazione del Giappone (Nippon Ishin), forza nazional-conservatrice e riformista nata a Osaka, oggi fondamentale per la tenuta del governo Takaichi. L’accordo con l’Ishin prevede l’avvio dei lavori di revisione costituzionale entro il prossimo anno parlamentare.[3]
Nell’attuale di frammentazione dell’egemonia americana e di crescente assertività cinese, Tokyo sembra quindi abbandonare la prudenza strategica del dopoguerra per abbracciare una postura di proiezione attiva in funzione anticinese.
La continuità strategica dell’asse nippo-americano
Fino a che punto potrà spingersi il nuovo nazionalismo nipponico e quali effetti produrrà sugli equilibri del Pacifico e sulle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti restano questioni centrali. Anche qui, è imprescindibile analizzare l’operato di Abe per prevedere le mosse di Takaichi.
Shinzō Abe ridefinì e rafforzò il rapporto tra i due paesi in chiave pragmatica radicalizzandone il presupposto. L’alleanza con Washington è servita come levaper “normalizzare” la potenza militare giapponese, ridimensionando il tradizionale rapporto di subordinazione tra “protetto” e “protettore”.[4] Anche l’idea di un Indo-Pacifico libero e aperto (FOIP) nasce dalla volontà di Abe di evitare che, come egli stesso avvertì, “il Mar Cinese Meridionale diventi un ‘Lago di Pechino’.” [5]
Il progetto, presentato a Nuova Delhi, trovò sin da subito la partecipazione Indiana. Nel 2017, anche gli Stati Uniti di Trump aderirono all’iniziativa, che divenne una colonna portante della politica estera americana.[6] Nello stesso anno, la cooperazione tra Giappone, India, Stati Uniti e Australia si consolidò nel Quad, la piattaforma strategica che oggi rappresenta il braccio operativo del FOIP e lo strumento principale di contenimento dell’influenza cinese nella regione.
È assai probabile che Takaichi intensifichi il proprio allineamento con gli Stati Uniti, ben consapevole della logica transazionale che caratterizza il ritorno di Trump: una diplomazia fondata sulla minaccia di dazi e tariffe come leve di pressione politica e negoziale. Abe seppe trarre vantaggi considerevoli da dinamiche analoghe, trasformando la minaccia in cooperazione.
La visita di Donald Trump a Tokyo subito dopo l’insediamento di Takaichi figura come la ripresa formale di un percorso interrotto. Durante la visita, è stato firmato un accordo sulle terre rare volto a ridurre la dipendenza dalla Cina e a sviluppare una catena di approvvigionamento bilaterale USA-Giappone.
Parallelamente, è stato sottoscritto un documento politico, intitolato “A New Golden Age for the U.S.–Japan Alliance”, che riafferma la centralità dell’alleanza e l’impegno congiunto a implementare i precedenti accordi commerciali, tra cui la riduzione dei dazi al 15%, segnando un ulteriore passo verso una cooperazione economica e di sicurezza più stretta.
Nel discorso tenuto a bordo della portaerei USS George Washington, nella base di Yokosuka, Trump ha ceduto la parola a Takaichi. Dal ricordo di Shinzo Abe alla consueta dimostrazione di forza trumpiana, l’evento ha assunto un chiaro valore politico: Washington e Tokyo si preparano a un’alleanza difensiva più stretta e operativa, destinata a diventare pilastro della futura architettura di sicurezza nel Pacifico.[7]
La prima linea della deterrenza USA in Asia
I dati confermano la centralità del Giappone nella politica estera statunitense: il paese del sol levante ospita la più ampia presenza militare statunitense permanente al mondo al di fuori del territorio americano, circa 55.000 unità.[8] L’isola di Okinawa, la più grande dell’arcipelago delle Ryukyu, ne accoglie oltre il 70%, affermandosi fulcro operativo della proiezione militare USA nell’Indo-Pacifico.[9]
Negli ultimi mesi, le concessioni militari americane hanno rafforzato l’interoperabilità tra le forze di Tokyo e Washington, anticipando scenari possibili in caso di escalation nel Pacifico. In questo contesto, spiccano l’arrivo in Giappone delle piattaforme terrestri mid-range (Typhon/MRC), gestite dagli Stati Uniti ma integrate in un quadro di co-posizionamento operativo, e l’acquisto di 400 missili da crociera Tomahawk, destinati a equipaggiare le unità navali della JSDF e a garantire una capacità di strike a lungo raggio (circa 1600 km) finora inedita per il Giappone.[10]
I Tomahawk, se posizionati tra Kyushu e le isole Ryukyu, potrebbero colpire gran parte della fascia costiera orientale e meridionale della Cina. Ciò è parte del più grande disegno della “Prima Catena di Isole” (First Island Chain). Strategia, questa, che mira a militarizzare il perimetro naturale di isole, dal Giappone alle Filippine, limitando alla Cina l’accesso al Pacifico occidentale.[11]
La corsa al riarmo giapponese
Tali implicazioni strategiche, combinate all’obiettivo di emancipare militarmente il Giappone, hanno portato ad una crescita della spesa per la difesa, con un incremento complessivo di oltre il 40% dal 2013 al 2024 e un’impennata particolarmente marcata nel biennio 2023-2024 (+15% e +21%).[12] Nel suo primo policy speech al Parlamento, la premier Takaichi ha ribadito la volontà di incrementare ulteriormente la spesa per la difesa, fissando come obiettivo il raggiungimento del 2% del PIL entro il prossimo marzo.[13]
Entro il 2032, la Japan Maritime Self-Defense Force (JMSDF) mira a strutturarsi come una flotta di 90–100 unità di prima linea, fondata su 54 cacciatorpediniere multiruolo (tra cui 10 Aegis-equipped[14]) e 22 sottomarini a lunga autonomia e capacità missilistica avanzata.[15]
Proprio questi ultimi costituiscono il fulcro del nuovo ammodernamento navale, con la classe Taigei destinata a raggiungere nove unità operative entro il 2032.[16] Tale scelta segna un netto cambio di paradigma per la JMSDF. La priorità non è più la mera difesa costiera, bensì la capacità di interdire, sorvegliare e colpire a distanza in scenari di crisi nello Stretto di Taiwan o nel Mar Cinese Orientale.
Per quanto riguarda la Forza Aerea di Autodifesa (JASDF), il Giappone ha in corso un ordine di 147 caccia F-35, 105 nella versione A e 42 nella versione B, che lo renderebbe, a consegna completata, il secondo Paese al mondo per dimensioni della flotta dopo gli Stati Uniti.[17]
Questo programma consolida la dipendenza tecnologica e industriale da Washington: gli Stati Uniti coprono infatti il 97% delle esportazioni di armamenti verso il Giappone tra il 2020 e il 2024, con un incremento del 93% rispetto al quinquennio precedente (2015-2019).[18]
Nel medio-lungo periodo, tuttavia, Tokyo sembra mirare a ridurre questa asimmetria. Il progetto GCAP (Global Combat Air Programme) rappresenta il tentativo di sviluppare capacità aeronautiche autonome e di alto profilo tecnologico con altri partner, senza necessariamente incrinare l’alleanza strategica con gli Stati Uniti, necessaria nel breve termine.
Conclusione
Sebbene questa analisi si sia concentrata sulle dinamiche “leaderistiche”, con Takaichi al centro di una rinnovata spinta assertiva, il processo in atto va ben oltre la figura della premier. Un riflesso di una trasformazione profonda, radicata nella cultura politica e nella percezione collettiva del Giappone contemporaneo.
I sondaggi mostrano che oltre il 90% dei giapponesi ha una visione negativa della Cina,[19] mentre cresce la percezione di minaccia proveniente anche da Corea del Nord e Russia. Da dieci anni, la Japan Air Self-Defense Force annualmente effettua in media 600 scramble contro velivoli cinesi, a cui si aggiungono sconfinamenti marittimi e aerei sempre più frequenti, in particolare nello Stretto di Tsushima.[20] I test missilistici nordcoreani, spesso percepiti come irrazionali, consolidano un diffuso senso di accerchiamento.
Al di là delle dinamiche politiche e militari, ciò che si muove in Giappone è un impulso più profondo, culturale: il riemergere di un radicato senso di grandezza imperiale, per anni soffocato dal pacifismo costituzionale e dalla subordinazione strategica agli Stati Uniti.
È una tensione che lo scrittore e poeta Yukio Mishima aveva impersonificato e denunciato nel suo ultimo appello al Jietai, quando parlò di un Paese “prospero ma spiritualmente vuoto”, privo di una missione e di una dignità nazionale.[21]
Il nuovo corso di Tokyo riflette proprio questa frattura: la ricerca di una rinascita nazionale capace di conciliare modernità e orgoglio, efficienza e identità, potenza e spirito.
Il progetto di “normalizzazione” perseguito da Takaichi non è soltanto politico — è il sintomo di un bisogno collettivo di ridefinizione, di un Paese che, dopo decenni di contenimento, torna a percepirsi come attore di primo piano nel destino del Pacifico. E in questo scenario teso gli Stati Uniti appaiono i più vicini, forse proprio perché lontani: custodi, arbitri e spettatori della nuova assertività giapponese.
[1] Itoh M.; Japanese Constitutional Revision: A Neo-Liberal Proposal for Article 9 in Comparative Perspective; Asian Survey; 2001; pp. 310–327; https://library.fes.de/libalt/journals/swetsfulltext/14218786.PDF.
[2] Akiyama M.; Redefining Self-Defense: The Abe Cabinet’s Interpretation of Article 9; Tokyo Foundation for Policy Research; 2014; https://www.tokyofoundation.org/research/detail.php?id=536.
[3] Testo completo dell’accordo di governo di coalizione tra il Partito Liberal Democratico e il Partito della Restaurazione del Giappone; Nikkei; 2025; https://www.nikkei.com/article/DGXZQOUA20AP30Q5A021C2000000/.
[4] Pyle K. B.; Japan in the American Century; Harvard University Press; 2018; pp. 374–378.
[5] Abe S.; Asia’s Democratic Security Diamond; Project Syndicate; 2012; https://www.project-syndicate.org/onpoint/a-strategic-alliance-for-japan-and-india-by-shinzo-abe.
[6] Pyle K. B.; Japan in the American Century; Harvard University Press; 2018; pp. 374–378.
[7] Trump praises troops and tariffs aboard US carrier in Japan; BBC News; 2025; https://www.bbc.com/news/live/c4gzdrd19n5t.
[8] Congressional Research Service; U.S. Overseas Basing: Background and Issues for Congress (CRS Report R48123); U.S. Congress; 2024; https://www.congress.gov/crs-product/R48123#_Toc171670948.
[9] Base-related Data; Information Portal of Military Bases on Okinawa by the Okinawa Prefectural Government; 2025; https://dc-office.org/basedata.
[10] Yamaguchi M.; Japan signs agreement to purchase 400 Tomahawk missiles as US envoy lauds its defense buildup; AP News; 2024; https://apnews.com/article/japan-us-tomahawk-missile-defense-0bcabfc4a87bf1a16beceec1b0c426fb.
[11] Holmes J. R.; Defend the First Island Chain; Proceedings, Vol. 140/4/1,334; 2014; https://www.usni.org/magazines/proceedings/2014/april/defend-first-island-chain.
[12] SIPRI Military Expenditure Database (USD costanti, 2023); Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI); 2024; https://doi.org/10.55163/CQGC9685.
[13] Yamaguchi M.; Japan’s new leader vows to further boost defense spending as regional tensions rise; The Washington Post; 2025; https://www.washingtonpost.com/world/2025/10/24/japan-takaichi-politics-policy-defense/77efbc46-b09d-11f0-ab72-a5fffa9bf3eb_story.html
[14] Aegis (dal greco “scudo”) è il sistema di combattimento integrato sviluppato dalla U.S. Navy e adottato dalla JMSDF: combina radar multifunzione, software di comando e missili intercettori (SM-2, SM-3, SM-6) per la difesa aerea e antimissile.
[15] Ministry of Defense (Japan); Defense of Japan 2025 – Digest Version; Tokyo: Ministry of Defense; 2025. Disponibile presso: https://www.mod.go.jp/j/press/wp/wp2025/pdf/DOJ2025_Digest_EN.pdf.
[16] Wertheim E.; Japan’s Advanced Lithium-Ion Submarines; Proceedings, Vol. 148/12/1,438; 2022; https://www.usni.org/magazines/proceedings/2022/december/japans-advanced-lithium-ion-submarines.
[17] Japan – F-35 Global Enterprise; Lockheed Martin – F-35 Official Website; 2025; https://www.f35.com/f35/global-enterprise/japan.html.
[18] George M.; Djokic K.; Hussain Z.; Wezeman P. D.; Wezeman S. T.; Trends in International Arms Transfers, 2024; SIPRI Fact Sheet; 2025; https://www.sipri.org/publications/2025/sipri-fact-sheets/trends-international-arms-transfers-2024.
[19] Japan-China Joint Public Opinion Survey 2024; The Genron NPO; 2024; p. 11; https://www.genron-npo.net/en/opinion_polls/docs/Japan-China%20Joint%20Public%20Opinion%20Survey%202024.pdf.
[20] Ministry of Defense (Japan); Defense of Japan 2025 – Digest Version; Tokyo: Ministry of Defense; 2025. Disponibile presso: https://www.mod.go.jp/j/press/wp/wp2025/pdf/DOJ2025_Digest_EN.pdf.
[21] Lebra J.; Eyewitness: Mishima; The New York Times; 1970.

Sta completando la laurea magistrale in Relazioni Internazionali con una tesi sulle relazioni sino-vietnamite in epoca comunista, incentrata sul conflitto del 1979. Ha svolto un tirocinio presso il Consolato Generale d’Italia di Ho Chi Minh City, dove ha approfondito dinamiche diplomatiche. È appassionato di sicurezza internazionale e geopolitica.

