Il terrorismo internazionale, sta evolvendo rapidamente e come tutti i fenomeni socio-politici, si adatta alle dinamiche geopolitiche globali e alle innovazioni tecnologiche. Oggi, le minacce emergenti si manifestano in modi sempre più sofisticati e difficili da contrastare, mettendoci nelle condizioni di ripensare ad una nuova strategia di sicurezza globale. Uno degli strumenti che sta rivoluzionando le tattiche terroristiche è l’uso dei droni, dispositivi che permettono attacchi a distanza, sorveglianza avanzata e trasporto di carichi letali con costi ridotti e grande efficienza. L’impiego dei droni da parte di gruppi terroristici come ISIS, Al-Qaeda, Hezbollah e gli Houthi è ormai da qualche anno una realtà assodata e strutturata e proprio per questo rappresenta una sfida sempre più rilevante per le forze di sicurezza internazionali.
I droni, o UAV (Unmanned Aerial Vehicles), hanno una lunga storia che risale alla Prima Guerra Mondiale. Il primo utilizzo documentato di un drone avvenne nel 1917, con il “Kettering Bug”, un aereo senza pilota progettato dagli Stati Uniti come una sorta di missile teleguidato. Successivamente, durante la Seconda Guerra Mondiale, sia gli Alleati che le Potenze dell’Asse sperimentarono velivoli teleguidati per missioni di bombardamento e ricognizione. Queste tecnologie però non ebbero in quegli anni grande evoluzione, complice il fatto che le innovazioni aeree dell’epoca vennero considerate di primario interesse. Fu solo negli anni ‘90 e 2000 che i droni iniziarono ad essere utilizzati su larga scala grazie allo sviluppo tecnologico e alla miniaturizzazione dei componenti elettronici. Quando pensiamo ai droni moderni infatti, ci tornano subito in mente gli MQ-1 Predator oppure i celebri Reaper, di costruzione statunitense, impiegati in molti conflitti bellici a partire dalle guerre in Afghanistan e Iraq. Il ruolo cruciale svolto da essi in contesti di questo tipo ha rivoluzionato in gran parte il modo stesso di condurre le operazioni militari ed ha, nel corso del tempo, consolidato il loro ruolo nelle guerre moderne. Con la guerra in Ucraina, la tecnologia dei droni ha raggiunto il suo massimo utilizzo sul campo, il Presidente Zelensky lo scorso ottobre ha annunciato che l’industria bellica ucraina aveva raggiunto una produzione di circa 4 milioni di droni l’anno[1]; una cifra decisamente imponente.
Sebbene queste tecnologie siano sempre state appannaggio di eserciti statali, negli ultimi vent’anni, l’accesso a tecnologie di droni commerciali ha reso questi dispositivi disponibili anche a gruppi non statali, inclusi i terroristi. I modelli di droni più comuni tra i gruppi terroristici derivano da droni commerciali, come il DJI Phantom e il Matrice 600, i quali vengono artigianalmente modificati per trasportare esplosivi e condurre attacchi mirati. La diffusione di queste tecnologie pertanto, ha abbassato la barriera d’ingresso per le organizzazioni terroristiche, permettendo loro di integrare strategie di guerra asimmetrica con costi contenuti e risultati devastanti.
Perché i gruppi terroristici utilizzano i droni?
L’uso dei droni da parte di gruppi terroristici è motivato da diversi fattori chiave che li rendono strumenti estremamente efficaci per il combattimento irregolare. In primis, i droni commerciali rappresentano una minaccia crescente a causa del loro costo ridotto e della facile reperibilità; a differenza dei sistemi d’arma convenzionali infatti, essi sono economici e facilmente acquistabili online o tramite mercati neri. Basti pensare che un drone commerciale modificato per scopi militari può costare tra i 500 e i 5000 dollari, una cifra che, se pensiamo ai costi di un caccia militare, un elicottero attacco o un missile guidato è a dir poco irrisoria[2]. Inoltre, la tecnologia moderna li ha resi semplici da pilotare, riducendo tempi e costi di addestramento e sempre più comunemente osserviamo che persone con scarse competenze tecniche possono apprendere rapidamente a manovrarli grazie a software di navigazione automatizzata e GPS. Un altro aspetto devastante dal punto di vista della sicurezza è senza dubbio la loro capacità di eludere le difese tradizionali, il che li rende ancora più pericolosi: i droni di piccole dimensioni possono volare a bassa quota, evitando i radar e rendendo difficile l’intercettazione da parte delle difese antiaeree. Senza parlare del fattore umano. I droni utilizzati dagli eserciti convenzionali hanno riscosso grande successo non solo per la loro efficacia ma anche per la possibilità di condurre operazioni ad alto rischio segna mettere in pericolo i militari stessi, in questo caso i piloti. Pertanto, l’assenza di un pilota a bordo, riduce il rischio di perdite umane per i gruppi terroristici, i quali solitamente non hanno a disposizione un gran numero di combattenti.
La versatilità operativa è un altro fattore chiave. I droni infatti sono strumenti che permettono di condurre svariate tipologie di operazioni; dal trasporto di materiale esplosivo per attacchi esplosivi su obiettivi militari o civili alle missioni di sorveglianza aerea. E si badi bene che avere una tecnologia che permette il possesso di immagini in tempo reale sulle posizioni nemiche è un vantaggio estremamente notevole, soprattutto se pensiamo che questa capacità, prima dell’avvento dei droni, era appannaggio esclusivamente dell’aviazione militare convenzionale. Ci sono stati casi in cui i droni sono stati impiegati persino a scopi propagandistici, registrando attacchi e diffondendo messaggi di terrore sui social media, in perfetta linea con l’obiettivo principale di ogni gruppo terroristico: incutere terrore. Se è vero che i terroristi possono essere perseguiti ed identificati (nel limite de possibile), è vero anche che l’aspetto della non tracciabilità e la difficolta di attribuzione complica di gran lunga la loro persecuzione. Qualsiasi drone infatti, può essere lanciato da lunghe distanze senza necessità di un operatore fisicamente presente sul luogo dell’attacco, ed è facile immaginare la difficoltà di un eventuale esercito convenzionale nel rintracciare e identificare il luogo di decollo o ancor di più il pilota stesso.
L’ISIS ha iniziato ad utilizzare droni commerciali modificati per scopi militari già nel 2015, durante il conflitto in Siria e Iraq. Inizialmente, il gruppo utilizzava questi dispositivi per la sorveglianza e la raccolta di informazioni, sono stati successivamente equipaggiati con esplosivi, trasformandosi in vere e proprie armi aeree. La semplicità d’uso e la facile reperibilità hanno permesso in rapidissimo tempo ai terroristi di implementare attacchi a bassa quota contro forze armate e civili, riducendo il rischio di intercettazione. Un caso significativo è stato il bombardamento con droni di Mosul nel 2017, in cui i militanti dello Stato Islamico hanno colpito postazioni dell’esercito iracheno con ordigni improvvisati sganciati da piccoli UAV commerciali. Non solo, in quei mesi i terroristi “neri” attaccarono significativamente le postazioni militari dell’esercito statunitense, il quale non subiva attacchi aerei nemici da ben 65 anni. “L’ISIS ha effettuato oltre 300 missioni con droni in un mese durante la battaglia di Mosul”, affermò nel 2018 Peter Singer, un senior fellow e stratega della New America Foundation, durante una presentazione di novembre alla conferenza CyCon, confermando che circa un terzo di quei voli erano missioni di attacco armato.
Anche Hezbollah ha dimostrato capacità avanzate nell’uso dei droni, impiegandoli per missioni di ricognizione e attacchi contro le postazioni israeliane. Più recentemente nel 2023, un attacco con droni ha colpito una base militare israeliana, sottolineando come queste tecnologie stiano diventando sempre più sofisticate e difficili da contrastare anche per un esercito all’avanguardia come quello israeliano. I ribelli Houthi in Yemen, invece, hanno utilizzato droni armati per colpire installazioni petrolifere saudite, come l’attacco del 2019 agli impianti di Aramco, che ha ridotto temporaneamente la produzione di petrolio globale del 5%. Nell’ultimo anno, gli yemeniti sono stati anche protagonisti di attacchi diretti contro le navi italiane poste nell’area del Mar Rosso per garantire la libertà di navigazione e la sicurezza delle rotte commerciali. Fortunatamente, i militari italiani sono stati pronti nel difendersi, abbattendo i due droni lanciati dai ribelli. Secondo analisi dell’International Institute for Strategic Studies[3], tra il 2020 e il 2023 i gruppi terroristici yemeniti hanno incrementato l’uso dei droni di oltre il 250%, grazie al supporto tecnologico ricevuto da potenze regionali; un incremento decisamente notevole in così poco tempo, ahimè, destinato ad aumentare. La tabella sottostante dimostra l’aumento dell’utilizzo di queste tecnologie nei recenti conflitti, inclusi gli attacchi portati avanti da organizzazioni terroristiche.
Anno | Numero di Attacchi | Luogo dell’Attacco |
2015 | 23 | Siria, Iraq |
2017 | 74 | Siria, Afghanistan, Libia |
2019 | 102 | Yemen, Nigeria, Somalia |
2021 | 97 | Arabia Saudita, Mozambico, Sahel |
2023 | 134 | Ucraina, Siria, Pakistan |
Strategie di contrasto ai droni
Come facilmente intuibile quindi, il crescente utilizzo di droni da parte dei terroristi pone sfide critiche per la sicurezza internazionale. Quando si parla di tecnologie d’attacco innovative, si deve necessariamente pensare a tecnologie di difesa altrettanto all’avanguardia, proprio perchè le tradizionali difese aeree, pensate per contrastare velivoli convenzionali, non sono sempre efficaci contro UAV di piccole dimensioni.
Le soluzioni adottate dagli eserciti moderni per il contrasto a questi dispositivi spaziano da metodi di rilevamento e identificazione a sistemi di neutralizzazione attiva. Questi sistemi di contrasto si basano su una combinazione di radar, sensori acustici, elettro-ottici e radiofrequenza per individuare e tracciare dispositivi aerei non autorizzati. Il radar a bassa potenza, ad esempio, permette il rilevamento di droni con ridotta sezione radar, mentre i sensori acustici rilevano il rumore distintivo delle eliche anche a distanze significative. Una delle strategie più efficaci per neutralizzare i droni è sicuramente l’interdizione elettronica, la quale utilizza tecnologie di jamming per interrompere i segnali di comunicazione tra il drone e il suo operatore (interrompe quo “ponte” che collega il drone al suo radiocomando). L’interdizione elettronica può essere spesso accompagnata da alcuni sistemi avanzati che impiegano il cosiddetto spoofing GPS, ovvero la trasmissione di segnali falsi che disorientano il velivolo, costringendolo ad atterrare o tornare alla base o peggio, a schiantarsi al suolo[4].
Un’altra tecnologia, già impiegata dall’esercito americano (in particolare dalla US Navy) è l’uso di laser ad alta energia. Questi sistemi offrono il vantaggio di un’intercettazione rapida e di precisione, minimizzando danni collaterali. Fin qui si è parlato di quelle che vengono definite contromisure elettroniche, ma oltre ad esse, sono stati sviluppati sistemi cinetici come missili e proiettili ad alta velocità per abbattere droni in volo. Sono armi molto sofisticate che si differenziano da quelle convenzionali per la loro ridotta capacità esplosiva a vantaggio di una precisione molto più elevata.
Un’efficace strategia di contrasto ai droni, in sostanza, richiede un’integrazione di più tecnologie e l’adozione di un approccio multilivello. Dobbiamo pensare che la combinazione di sensori avanzati, armi ad energia diretta e contromisure elettroniche sia il sistema più apprezzabile per garantire una protezione efficace contro attacchi aerei non convenzionali. Il contrasto ai droni è un campo in continua evoluzione che richiede soluzioni tecnologiche sempre più avanzate nell’ottica di integrare metodologie diverse e cooperazione internazionale da parte di tutti gli Stati, poichè la minaccia degli UAV non è fine a sé stessa ma destinata ad aumentare considerevolmente e con lei, è necessario aumentare i livelli di strategie di contrasto.
[1] Gianluca Di Feo, Ucraina-Russia, si combatte in profondità: con droni e missili la guerra sfiora la regione di Mosca, 12 Novembre 2024, La Repubblica
[2] Thomas G. Pledger, The Role of Drones in Future Terrorist Attacks, Febbraio 2021, LAND WARFARE PAPER 137, THE ASSOCIATION OF THE UNITED STATES ARMY
[3] The international Institute for Strategic Studies. (2021). Armed uninhabited aerial vehicles and the challenges of autonomy. Douglas Barrie, Niklas Ebert, Oskar Glaese and Franz-Stefan Gady https://www.iiss.org/globalassets/media-library—content–migration/files/research-papers/armed-uninhabited-aerial-vehicles-and-the-challenges-of-autonomy.pdf
[4] Robin Radar Systems. (s.d.). 10 counter-drone technologies to detect and stop drones today. Robin Radar. Recuperato da https://www.robinradar.com/resources/10-counter-drone-technologies-to-detect-and-stop-drones-today
Bibliografia
- Rid, T. (2020). Cyber War Will Not Take Place. Oxford University Press.
- Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA). (2023). Cyberterrorism Threat Report.
- Tucker, J. B. (2001). Scourge: The Once and Future Threat of Smallpox. Grove Press.
- Global Bioterrorism Database. (2023). Annual Report on Bioterrorism Trends.
- Byman, D. (2019). Road Warriors: Foreign Fighters in the Armies of Jihad. Oxford University Press.
- Center for the Study of the Drone, Bard College. (2022). Terrorist Use of Drones Report.
- Clarke, C. P., & Courtney, W. (2019). Terrorism and Drones: Examining the Threat and Its Consequences. RAND Corporation.
- Middle East Institute. (2023). Hezbollah Drone Warfare Report.
- Weimann, G. (2015). Terrorism in Cyberspace: The Next Generation. Columbia University Press.
- International Centre for Counter-Terrorism (ICCT). (2022). Radicalization and Lone-Wolf Attacks Report.
- Zenn, J. (2020). The Terrorist Threat in Africa: The Sahel and Beyond. Routledge.
- African Center for Strategic Studies. (2023). Africa Terrorism Threat Report.
- The international Institute for Strategic Studies. (2021). Armed uninhabited aerial vehicles and the challenges of autonomy. Douglas Barrie, Niklas Ebert, Oskar Glaese and Franz-Stefan Gady https://www.iiss.org/globalassets/media-library—content–migration/files/research-papers/armed-uninhabited-aerial-vehicles-and-the-challenges-of-autonomy.pdf

Si laurea in Relazioni Internazionali e sceglie di proseguire i suoi studi nel settore delle Scienze Strategiche, conseguendo la laurea magistrale con lode, discutendo una tesi sul rapporto tra Etica ed intelligence istituzionale. Appassionato di intelligence e terrorismo internazionale, si specializza nell’analisi delle informazioni da fonti aperte, apprendendo da personalità illustri del settore. Nell’ambito delle esperienze post-laurea collabora con la Marina Militare italiana in qualità di Political Advisor. Coordinatore di Protezione Civile, matura esperienza nella gestione delle emergenze, affrontando rischi di tipo idraulico, idrogeologico, antincendio boschivo e attività SAR. Appassionato di fotografia aerea, da anni pilota di droni certificato Enav.