In un mondo globalizzato e interdipendente, la sicurezza alimentare rappresenta una delle sfide più complesse per la stabilità degli Stati. Minacce convenzionali come guerre e crisi economiche si intrecciano oggi con rischi meno tangibili ma altrettanto destabilizzanti, in particolare in luoghi dove le minacce terroristiche hanno già danneggiato gli equilibri dei Paesi. Gli interrogativi che però si sollevano riguardano la biosicurezza, resilienza delle catene di approvvigionamento e tutela del know-how agroalimentare. Episodi recenti mostrano come queste minacce, spesso ai confini tra spionaggio industriale, crimine organizzato e guerra ibrida, siano da considerare nel più ampio spettro delle sfide geopolitiche attuali.

IL CASO LIU E ALTRE MINACCE EMERGENTI NEGLI STATI UNITI

Il 27 luglio 2024, all’aeroporto di Detroit, le autorità statunitensi fermano Zunyong Liu, un ricercatore cinese appena giunto dalla Cina. Liu dichiara di essere in visita alla sua fidanzata, Yungwing Jian, anche lei ricercatrice presso l’Università del Michigan. Entrambi conducono studi sul Fusarium graminearum, un fungo altamente patogeno che colpisce cereali come grano, orzo, mais e riso, provocando ogni anno miliardi di dollari di perdite in agricoltura a livello globale. Le micotossine prodotte dal fungo risultano pericolose anche per l’uomo e per il bestiame, causando vomito, danni epatici e disturbi riproduttivi. Durante i controlli doganali, vengono rinvenuti all’interno del bagaglio di Liu alcuni campioni del patogeno, di cui nega inizialmente la proprietà. Tuttavia, ulteriori accertamenti portano alla scoperta, all’interno del suo telefono, di un rapporto tecnico sul Fusarium graminearum e di cartelle compresse contenenti documentazione relativa alla posizione post-dottorato della fidanzata. Gli elementi raccolti confermano che il materiale appartiene effettivamente a Liu, il quale viene immediatamente respinto in Cina, con l’accusa di agroterrorismo[1].

Analogamente, nel 2013, un cittadino cinese è stato accusato di aver rubato semi di mais ibrido da aziende statunitensi frutto di anni di ricerca e miliardi di investimenti da parte delle aziende americane. Ma i crimini nel settore agricolo non si limitano al furto fisico: emblematico è il caso che ha coinvolto New Cooperative, una cooperativa agricola dell’Iowa, a cui il gruppo hacker BlackMatter ha sottratto dati sensibili legati alle forniture alimentari e al piano nutrizionale del bestiame, chiedendo un riscatto di 5,9 milioni di dollari per il rilascio delle informazioni. Questo attacco è stato descritto da esperti come una forma emergente di terrorismo digitale applicato all’agricoltura.

Anche se le accuse di agroterrorismo di Liu e Jian sono poi cadute, tutti questi avvenimenti, secondo l’FBI, rientrano in un sistema di rete di sottrazione di materiali sensibili e proprietà intellettuali nel settore agricolo, da inquadrare nel più ampio fenomeno dello spionaggio economico.

COS’È L’AGROTERRORISMO

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità animale l’agroterrorismo è una sotto-categoria dell’agro-crimine, ed è l’uso deliberato di agenti biologici, chimici o tossici con l’obiettivo di infettare o distruggere coltivazioni e allevamenti, con gravi conseguenze sanitarie, economiche e psicologiche per la popolazione. Tuttavia, a differenza dell’agro-criminalità, spesso motivata da un profitto, l’agroterrorismo ha un’esclusiva finalità destabilizzante e coercitiva, nascondendo finalità politiche e ideologiche. Pur essendo una forma meno tangibile di terrorismo, la vulnerabilità delle filiere agricole e la difficoltà di tracciamento delle contaminazioni rendono comunque l’agroterrorismo una minaccia per l’agricoltura e la sicurezza alimentare[2].

La situazione venutasi a creare dopo 11 settembre 2001 giustifica il fatto che l’ipotesi di attacchi di terroristici di questo tipo, prima considerata piuttosto remota, possa divenire reale. In alcuni paesi, soprattutto gli Stati Uniti d’America, questa ipotesi, peraltro mai scartata, è stata negli ultimi anni presa in massima considerazione.

LA RISPOSTA MULTILATERALE : TRA BIOSICUREZZA E COOPERAZIONE

Pur non essendo comunemente percepito come una minaccia immediata in tutto il mondo, l’agroterrorismo rappresenta comunque un rischio strategico. Le sue caratteristiche operative lo rendono particolarmente insidioso: la molteplicità dei possibili bersagli – dai campi coltivati agli allevamenti intensivi, fino agli impianti di trasformazione agroalimentare – si combina con la facilità di accesso e impiego di agenti patogeni, e con la difficoltà nel tracciamento e nell’attribuzione delle responsabilità. L’impatto potenziale di un attacco può essere devastante non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche in termini di disgregazione sociale e perdita di fiducia nelle istituzioni.

A livello normativo, la principale cornice di riferimento internazionale resta la Convenzione sulle Armi Biologiche e le Tossine (Biological Weapons Convention, BWC), adottata nel 1972: si tratta del primo trattato internazionale volto a proibire lo sviluppo, la produzione e lo stoccaggio di armi batteriologiche. La BWC riconosce il diritto degli Stati parte a promuovere la cooperazione e lo scambio in ambito scientifico e tecnologico per usi pacifici di agenti biologici e tossine. Tuttavia, il trattato soffre di alcune carenze strutturali: prima fra tutte, la definizione giuridicamente chiara di “arma biologica”, lasciando potenziali margini di ambiguità interpretativa. Inoltre, non è previsto un meccanismo permanente di verifica e monitoraggio: il tentativo di colmare questa lacuna mediante l’adozione di un Protocollo di verifica fallì nel 2001, al termine di sei anni di negoziato, a causa delle resistenze di alcuni attori statali, preoccupati per la sovrapposizione tra sicurezza e libertà della ricerca. Attualmente, l’unico strumento previsto per monitorare l’attuazione della BWC è costituito dalle cosiddette Confidence-Building Measures (CBMs), ovvero misure volontarie di scambio di informazioni tra gli Stati parte, e da conferenze di riesame periodiche, intervallate da cicli di lavori intersessionali. Tale sistema, fondato su principi di trasparenza e cooperazione tra Stati, risulta tuttavia esposto a sfide crescenti in un contesto geopolitico caratterizzato da una competizione strategica in profonda evoluzione[3].

In supporto all’attuale struttura normativa, sin dall’Ottobre 2018 è stato avviato il progetto congiunto tra FAO, INTERPOL e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale, il “Building Resilience against Agro-Crime and Agro-Terrorism”, che mira a rafforzare la capacità globale di gestire emergenze sanitarie di origine intenzionale attraverso una cooperazione interdisciplinare tra settore della salute animale e settore della sicurezza incentrata sul Nord Africa, il Medio Oriente e il Sud-est asiatico[4].

In Europa, la minaccia agroterroristica è meno preoccupante ed è stata integrata nel più ampio contesto delle minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (CBRN). A partire dalla strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa (2003) o quella antiterrorismo dell’Unione Europea (2005), è stato avviato un processo di rafforzamento delle capacità di controllo, prevenzione e risposta che, insieme anche alla Decisione 2017/809 a sostegno dell’attuazione della risoluzione 1540 (2004) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, hanno posto le basi per un potenziamento del sistema. Tra i principi fondamentali compaiono: potenziamento dei meccanismi internazionali di non proliferazione e dei sistemi che verificano le violazioni delle norme stabilite nei trattati multilaterali; promozione un ambiente stabile, consolidando i programmi volti a promuovere il disarmo e integrando l’obiettivo della non proliferazione in tutte le attività politiche, diplomatiche ed economiche dell’UE; collaborazione con partner chiave e assistere i paesi terzi[5].  L’agroterrorismo, pur rimanendo una minaccia latente e scarsamente visibile nel dibattito pubblico, si inserisce in un contesto di rischi trasversali. La crescente interconnessione tra sicurezza alimentare, geopolitica e innovazione tecnologica impone agli Stati e alle organizzazioni internazionali un approccio multidisciplinare e proattivo. Rafforzare la cooperazione tra settori chiave – dalla sanità animale alla sicurezza informatica – non solo contribuisce a prevenire eventuali attacchi, ma rappresenta una leva strategica per garantire la resilienza dei sistemi agroalimentari. In un’epoca in cui la destabilizzazione può avvenire anche silenziosamente, l’agroterrorismo merita un’attenzione maggiore, non allarmistica, ma fondata sulla prevenzione e sulla preparazione condivisa.


[1] Comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Distretto Orientale del Michigan https://www.justice.gov/usao-edmi/pr/chinese-nationals-charged-conspiracy-and-smuggling-dangerous-biological-pathogen-us

[2] World Organisation for Animal Health https://www.woah.org/en/document/building-resilience-against-agro-crime-and-agro-terrorism/

[3] Rappresentanza Permanente d’Italia presso la Conferenza del Disarmo https://italiarappdisarmo.esteri.it/it/il-disarmo/trattati-e-convenzioni/la-convenzione-sulle-armi-biologiche/

[4]Building resilience against agro-crime and agro-terrorism. Bridging the expertise of the animal health and law enforcement sectors  https://www.woah.org/app/uploads/2023/02/building-resilience-against-agro-crime-and-agro-terrorism.pdf

[5] Decisione (PESC) 2017/809 a sostegno dell’attuazione della risoluzione 1540 (2004) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=legissum:l33234

Related Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *