L’uccisione dell’attivista conservatore Charlie Kirk il 10 settembre 2025 durante uno dei suoi infuocati dibattiti politici con gli studenti delle università statunitensi, questa volta nello Utah, ha rilanciato un tema che sembra oggi sempre più attuale, negli Usa in primis e nel resto del mondo in secundis. L’uccisione dei “potenti”, in cui al giorno d’oggi possiamo includere anche Kirk grazie al suo enorme consenso sui social, è storicamente un tema sociale di dibattito. Da sempre, il regicidio è considerato un punto di svolta nella politica di uno Stato, e, dal XX secolo, tra complotti e assassini, la violenza politica contro i leader sembra essere diventata uno vero e proprio strumento nelle mani degli oppositori. Dalla “goccia che fece traboccare il vaso” dell’omicidio di Francesco Ferdinando, che diede via alla prima guerra mondiale, alla storica e complessa vicenda di John Fitzgerald Kennedy, ucciso da Lee Harvey Oswald ma forse vittima di un complotto più complesso. Senza dimenticare Yitzhak Rabin, premier israeliano ucciso nel 1995 per i tentativi di riappacificazione con i palestinesi e più recentemente l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe assassinato durante un comizio elettorale a Nara da un uomo che accusava la sua vicinanza a una setta religiosa. La storia recente sembra essere quindi piena di omicidi legati all’ideologia e alla politica, eppure, nonostante gli ultimi anni siano stati marchiati a fuoco da tremendi attentati terroristici in Europa e nel resto del mondo, l’idea di violenza pollitica, sopratutto in occidente, era fortemente andata scemando. Anzi, si può dire che l’impression fosse quella che la violenza fisica fosse destinata ad essere sostituita con quella digitale, fatta di cyber bullismo, deep fake e teorie del complotto contro leader ed esponenti poltiici.
Eppure, i fatti della Utah Valley University, con un singolo, precisissimo proiettile che ha colpito Kirk alla gola, dimostrano che la verità è un’altra: potremmo essere davanti ad una nuova ondata di violenza contro le figure politiche, soprattutto negli Stati Uniti. Pochi mesi fa, il mondo politico americano aveva assistito all’omicidio della deputata statale del Minnesota Melissa Hortman e di suo marito nella loro abitazione. Senza dimenticare gli attentati falliti verso il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro e, il più famoso, lo sparo che per pochi millimetri, e forse per una coincidenza fortunosa di un movimento con la testa, ha quasi ucciso il presidente statunitense Donald Trump durante un comizio proprio in Pennsylvania.
Secondo un’analisi del Brookings Institution, centro di ricerca a Washington, la ripetizione di tali atti è legata in gran parte alla retorica incendiaria e alla disinformazione online: veicolati perfino dai più alti esponenti politici[1].Secondo alcuni commenti quindi sarebbe quindi la stessa retorica populista, utilizzata da Trump e Kirk, parte del problema della violenza. In questa direzione sono divenute virali in questi giorni le parole di Kirk sulle morti per arma da fuoco negli States, con l’attivista repubblicano che ha affermato che “Un certo numero di vittime da arma da fuoco è un prezzo accettabile da pagare per difendere il Secondo Emendamento”.[2]
E nel resto del mondo?
Se negli Stati Uniti la violenza politica è legata al tema, sempre caldissimo, del “gun control”, in Europa la narrazione è certamente diversa. L’esempio più recente è indubbiamente quello slovacco, dove un uomo ha sparato e gravemente ferito il premier populista Robert Fico giustificando l’attacco con il disaccordo verso la repressione del governo Fico nei confronti dei media e della magistratura[3]. Precedentemente, ad aprile e maggio 2024, sospetti attivisti di estrema destra avevano aggredito diversi candidati e sostenitori dei Socialisti e dei Verdi in Germania e avevano attaccato un evento antifascista a Stoccolma organizzato dai partiti di Sinistra e dei Verdi. In tutto questo, la Francia sembra sempre più sul punto del collasso politico, con proteste che hanno costretto il governo (appena caduto) di Bayrou a schierare oltre 80 mila militari nelle strade francesi per evitare una spirale di violenza senza controllo.
Anche il Bel Paese non è esente da questa deriva: recentemente infatti, un gruppo neonazista italiano, la Werewolf Division (Divisione Nuova Alba), è stato fermato mentre progettava di attentare alla vita della premier Giorgia Meloni e di altri obiettivi politici e internazionali, tra cui Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum. Secondo le indagini, uno degli organizzatori del gruppo, addestrava membri del movimento a usare armi da fuoco e pianificava un attacco al Parlamento italiano, definendo Meloni una “traditrice”. Il gruppo aveva contatti con canali Telegram dedicati alla compravendita di armi e proponeva collaborazioni con persone esperte in ordigni artigianali. Tra i messaggi intercettati, emergevano toni estremamente fanatizzati: addestramento di neonati al saluto romano, messaggi di adulazione tra “camerati” e l’idea di creare “battaglioni guerrieri pronti a combattere”.
I dati confermano questa tendenza. In Germania, il governo ha registrato nel 2024 quasi 34 mila reati di matrice di destra, definite cifre “allarmanti” dai leader tedeschi e forse anche “cavalcate” dall’Afd, partito di estrema destra che fa della lotta all’immigrazione il suo punto cardine tramite una narrativa considerati da molti parte del problema e incitamento all’odio. Nel Regno Unito le autorità hanno segnalato un aumento del 25% dei crimini d’odio a matrice religiosa nell’anno fino a marzo 2024, principalmente per un’impennata di reati antiebraici dopo lo scoppio del conflitto israelo-palestinese.
Tema particolarmente complesso anche quello dell’America latina, dove gli omicidi politici si sono susseguiti senza sosta nella storia dei vari Paesi, e di recente protagonista del tremendo omicidio del senatore colombiano e promesso candidato alle elezioni presidenziali Miguel Uribe Turbay, a cui hanno sparato lo scorso 7 giugno durante un evento elettorale nella capitale Bogotà.
I RISCHI: GUERRA CIVILE NEGLI USA E SPIRALE DI VIOLENZA IN EUROPA
Secondo l’autore di questa analisi, l’omicidio di Kirk non va liquidato velocemente, ma va analizzato con calma e mente lucida, poiché il rischio è che rappresenti l’inizio di una spirale più profonda di violenza. In Europa il tema è estremamente delicato, omicidi di leader o attivisti sono ancora lontani dal nostro pensiero eppure non si può non temere che la continua polarizzazione del dibattito, lo sviluppo dell’estremismo islamico e forse un ritorno alla divisione estrema destra-estrema sinistra, che negli anni di piombo ha portato l’Italia sull’orlo dell’abisso politico con l’omicidio Moro, siano l’inizio di una nuova era di violenze. Negli Stati Uniti, invece, la combinazione esplosiva di polarizzazione estrema, diffusione delle armi da fuoco e dichiarazioni incendiarie dalla politica sta spingendo parte della società sull’orlo di una frattura insanabile. Una nuova guerra civile sembra impossibile, eppure, dopo i fatti di Capitol Hill e i recenti avvenimenti, potrebbe essere in avvicinamento.
[1]Jonathan Katz, Renée Rippberger, e Eric Urby, Addressing Political Violence to Protect American Democracy, Brookings Institution,2025, brookings.edubrookings.edu.
[2] Secondo Emendamento e morti da armi: quando Charlie Kirk disse che erano “un prezzo accettabile” – VIDEO, Agenzia Dire; 11 settembre 2025
[3]Nichita Gurcov, Teresa Martinez, Vicky Yiagopoulou e Joel Crisetig, Is radical group violence on the rise in the EU? | ACLED Insight, ACLED, 31 maggio 2024, disponibile su: https://acleddata.com/. https://acleddata.com/brief/radical-group-violence-rise-eu-acled-insight

Giornalista pubblicista con esperienza nell’ambito degli affari internazionali dopo tirocini nella comunicazione e sala stampa di Renault e dell’Istituto Affari Internazionali. Attualmente scrive per Agenzia Nova dopo essersi laureato con lode all’Università LUMSA in International Relations in the Digital Era.