Il 16 ottobre scorso la Commissione europea ha annunciato la Defence Readiness Roadmap 2030, una nuova misura che mira a tradurre in termini operativi le ambizioni dell’Unione in materia di difesa. 3 7 8 La guerra in Ucraina e la pressione costante di minacce ibride hanno evidenziato i limiti dell’architettura europea, ancora segnata da frammentazione decisionale. Ne emergono la precarietà e l’insufficienza di modelli spesso disallineati, insieme a linee logistiche non adeguate a un periodo di marcata incertezza geopolitica. 6 7 8
La Roadmap introduce un calendario con traguardi, indicatori e verifiche, accompagnato da un’attribuzione di responsabilità e da meccanismi di accountability finora inusuali nell’alveo della politica europea di sicurezza e difesa. Sul piano operativo, il dispositivo si concentra su quattro progetti bandiera:
- European Drone Defence Initiative
- Eastern Flank Watch
- European Air Shield
- European Space Shield
Sul versante economico e finanziario, pur senza stanziamenti specifici, il documento si colloca in continuità con l’agenda RearmEU e con l’aumento dei bilanci europei per la spesa nella difesa, passati da 218 miliardi di euro nel 2021 a 343 miliardi nel 2024. 16 Una traiettoria che si collega anche alle recenti direttive NATO. 1 6
Inquadramento istituzionale
Di per sé, la Roadmap non introduce una nuova strategia autonoma piuttosto mira ad integrare gli strumenti esistenti conferendo loro una struttura di coordinamento, ambendo a una linea d’azione unitaria per la PSDC. In questo quadro, punta ad allineare e sincronizzare il rapporto tra EDF, CARD e PESCO, trasformando una triade finora poco coordinata in un percorso con scadenze e responsabilità definite, così da ridurre la distanza tra policy e delivery. 1 4 5
Sul piano della governance, è anche prevista la pubblicazione di un Annual Defence Readiness Report. 7 8 La gestione operativa della revisione annuale è affidata all’Agenzia europea per la difesa EDA, con il supporto della Commissione e dell’Alto Rappresentante, una scelta che conferma l’impronta intergovernativa del dossier. 3 14
Che cosa cambia davvero dal punto di vista militare e industriale?
Nel suo impianto complessivo, la Readiness Roadmap 2030 integra in modo sinergico la dimensione operativo-militare con quella industriale-produttiva, con l’obiettivo di colmare le lacune strategiche emerse negli ultimi anni. Sul versante militare, dal 2026 sono previste nove Capability Coalitions dedicate a: difesa aerea e missilistica, abilitanti strategici, mobilità militare, artiglieria, munizioni e missili, droni e contromisure, intelligenza artificiale, cyber e guerra elettronica, combattimento terrestre, capacità marittime. L’impostazione riprende l’esperienza cooperativa dell’Ukraine Defence Contact Group e la traduce in un percorso europeo con governance, obiettivi e scadenze definite. 1 7 3
Sul piano industriale, la Roadmap si articola su quattro assi:
- Appalti congiunti, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 40% entro fine 2027, per ridurre frammentazione e migliorare l’interoperabilità; 1 8 15
- Vantaggio tecnologico, da rafforzare con gli strumenti del QFP 2028–2034, in particolare il Competitiveness Fund e Horizon Europe, e con un ampio programma di riqualificazione, circa 600.000 addetti entro il 2030; 10
- Sovranità strategica, tramite mitigazione dei rischi nelle catene del valore attraverso l’Osservatorio delle Tecnologie Critiche e il Critical Raw Materials Act; 11 12
- Mercato Unico della Difesa, abilitato dal Defence Readiness Omnibus, che semplifica autorizzazioni, concorrenza e appalti, cercando di ottenere condizioni omogenee. 9 16
La vera sfida per l’Unione sarà allineare in modo credibile domanda militare e offerta industriale: finanziamenti adeguati, regole stabili, capacità produttive scalabili e competenze disponibili. La capacità di coordinare questi fattori determinerà sia latenuta strategica dell’UE sia la sua “readiness” a reagire con rapidità e coerenza agli shock del prossimo decennio. 17
5. Verso una difesa comune europea o una battuta d’arresto per il sovranazionalismo?
La decisione di affidare all’EDA il coordinamento della revisione annuale della Roadmap segnala la volontà di evitare uno spostamento del baricentro decisionale verso la Commissione, che puntava a un ruolo di primo piano nel settore della difesa. In questo assetto, gli Stati membri mantengono il controllo dell’indirizzo politico e del monitoraggio, riaffermando che la difesa resta un ambito sensibile della sovranità nazionale. 13 4
Tuttavia, la Roadmap non interrompe la dimensione integrativa con la Commissione e l’Alto Rappresentante che restano parte integrante del processo, contribuendo al rapporto annuale, fornendo indicatori, tappe e strumenti di sostegno finanziario e regolatorio. Ne deriva una cadenza di responsabilizzazione e un linguaggio condiviso dei risultati. 13 17 Sul piano normativo e democratico, un autentico spazio europeo della difesa richiederebbe un circuito di accountability più stringente, in primis attraverso il Parlamento europeo, e un nesso chiaro tra potere e responsabilità tipico dei soggetti sovranazionali. 1 3
Nel compromesso attuale prevale un impianto intergovernativo a partecipazione volontaria: la parola chiave è willingness, poiché gli Stati possono aderire a coalizioni capacitive e programmi UE senza obblighi giuridicamente vincolanti. Ne deriva un arretramento dell’aspirazione a una “European Defence Union” come priorità di breve periodo, a favore di una realtà più prudente, riflesso della persistenza degli interessi nazionali e di una cauta condivisione di sovranità. 17 4
Paradossalmente, entro questo perimetro intergovernativo la Commissione sta comunque spostando gradualmente il baricentro dell’esecuzione grazie a risorse e strumenti come SAFE ed EDIP, ai pacchetti regolatori di semplificazione e alla capacità di coordinamento con l’EDA e gli Stati. 22 La tenuta politica di questo ruolo si misurerà sui risultati concreti, ovvero contratti e consegne. Inoltre un divario tra narrazione e attuazione rischierebbe di rilanciare un sisteam intergovernativo già di per se’ marcato. 17 13 4
Bibliografia
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Laureato con il massimo dei voti in Relazioni Internazionali presso la LUISS Guido Carli e in Studi dell’Unione Europea presso il Salzburg Centre of Excellence for EU Studies. Ha svolto tirocini presso l’Ambasciata d’Italia in Tanzania, il Parlamento Europeo e l’Istituto delle Regioni d’Europa, approfondendo temi legati alla governance dell’UE, alla cooperazione internazionale e allo sviluppo sostenibile. Appassionato di affari europei, geopolitica e relazioni euro-africane.

