Dopo un anno e mezzo dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, il conflitto prosegue senza soluzione diplomatica, progressivamente allargatosi ad altri attori geopolitici con conseguenze devastanti per la stabilità dell’intera regione.
LA FINE DI UN EQUILIBRIO
Il raid israeliano al consolato iraniano a Damasco nel mese di aprile del 2024 e la successiva risposta militare iraniana hanno cambiato per sempre l’equazione strategica tra queste due potenze che dal 1979 si sono fronteggiate in una guerra ombra senza mai arrivare allo scontro diretto[1]. Ora questo modus operandi è finito e nella nuova fase entrambi potrebbero adottare una politica estera molto più violenta gli uni nei confronti degli altri. Il successivo assassinio di Haniyeh (uno dei leader di Hamas) a Teheran da parte di Israele durante la cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano, e la risposta militare della Repubblica islamica il 1 ottobre, sono la prova di un inasprimento dello scontro tra le due potenze regionali, non tanto per la morte in sé ma perché il fatto è avvenuto nel cuore del centro politico iraniano in presenza anche di autorità straniere, mettendo fortemente in discussione la capacità degli apparati iraniani di sventare le minacce esterne[2]. Tale fatto è andato a esacerbare ancora di più il dibattito interno iraniano sulla nuova dottrina strategica da adottare nei confronti di Israele, che vede gli ultraradicali particolarmente inclini a dotare il Paese dell’arma atomica come strumento di deterrenza nei confronti di Israele e ad una risposta militare dura sul territorio israeliano per quanto successo, opponendosi ai più moderati che credono sia razionale in questa fase mantenere lo status quo ed evitare scelte avventate che potrebbero scatenare una guerra regionale nella quale lo stesso Iran pagherebbe un prezzo molto alto.
Al momento la risposta militare di Teheran nei confronti di Israele non è ancora avvenuta, probabilmente perché la Repubblica Islamica ambisce a portare la rappresaglia sul piano psicologico, prima ancora che su quello militare, costringendo Tel Aviv ad uno stato di tensione permanente. In più, la posizione politica iraniana è finalizzata anche a mandare un messaggio chiaro alla comunità internazionale, in particolar modo agli Stati Uniti e agli Stati della regione: Teheran non vuole essere coinvolta direttamente in uno scontro con Israele.
L’ERRORE DI HEZBOLLAH
Nel tentativo di indebolire l’accerchiamento geopolitico iraniano, Israele ha adottato, dopo l’attacco di Hamas, una politica fortemente assertiva verso gli alleati dell’Iran nella regione, in particolare il Libano.
Nel 2024 la tensione tra Israele ed Hezbollah è degenerata nello scoppio della terza guerra israelo-libanese. Gli attacchi con walkie talkie esplosivi condotti dal Mossad israeliani in Libano nel mese di settembre del 2024 sono stati un duro colpo alla reputazione politica degli Hezbollah e alle sue capacità di difendere il sud del Paese da attacchi esterni. Allo stesso tempo però sono stati percepiti dalla popolazione come una dichiarazione di guerra all’intero Libano, visto il gran numero di vittime civili che ha superato di gran lunga i numeri dei miliziani di Hezbollah feriti[3]. La successiva invasione israeliana del Libano è stata anche il risultato di un calcolo errato da parte di Hezbollah: credere che Israele avrebbe tenuto la tensione bassa al nord, concentrandosi unicamente sul fronte palestinese, permettendo così al Partito di Dio di condurre una guerra a bassa intensità, con l’unico scopo di tenere impegnate truppe dell’esercito israeliano al confine libanese in modo da impedire il loro ricollocamento a Gaza[4]. Al contrario, l’“esasperazione” degli obiettivi securitari del Governo Netanyahu e le necessità di riportare nelle loro case gli oltre 60 mila israeliani, evacuati dopo l’8 ottobre nel nord del paese, hanno fornito a Gerusalemme il casus belli per alzare progressivamente e rapidamente la tensione e la posta in gioco, colpendo targets sempre più alti. L’uccisione di esponenti di primo livello di Hamas ed Hezbollah, come il leader Nasrallah, in Libano a partire dal mese di gennaio dell’anno trascorso era già un segnale premonitore di quanto sarebbe accaduto[5]. Già nel mese di dicembre del 2023, il ministro della difesa Gallant aveva dichiarato che Israele era disposto ad aprire un secondo fronte per respingere i miliziani di Hezbollah oltre il fiume Litani, qualora non si fosse riusciti a trovare una soluzione diplomatica alle questioni di confine[6] .
L’ETEROGENEITA’ DELL’INFLUENZA IRANIANA
L’impatto della guerra israelo-palestinese e l’aggressività israeliana hanno fatto emergere una divisione endemica dentro la sfera di influenza iraniana, i cui proxy più che subordinati si sono dimostrati alleati con una propria agenda che spesso ha differito da quella di Teheran. Infatti, le reazioni dell’asse della resistenza dopo il 7 ottobre sono state molto eterogenee, risultato più di propri interessi personali, nonostante le dichiarazioni politiche, che non di una solidarietà fraterna verso i palestinesi: Hezbollah ha deciso di limitarsi ad attacchi di confine, evitando un’aggressione su vasta scala in coordinazione con Hamas, gli Huthi hanno iniziato, dopo all’incirca un mese dall’inizio delle ostilità, ad assaltare le navi mercantili passando per lo Stretto di Bab- El Mandeb, ufficialmente come ripercussioni per gli attacchi israeliani in Palestina, ufficiosamente per ottenere un riconoscimento come attore internazionale, mentre lo stesso Iran si è limitato ad esprimere un supporto politico-militare ad Hamas, evitando però l’escalation. Infatti, nonostante l’apparenza e il nemico comune israeliano, i rapporti tra Iran e Hamas sono sempre stati difficili e contrastanti non solamente per motivi religiosi ma soprattutto per le loro diverse visioni politiche sul Medio Oriente e sull’approccio da tenere con Israele. In più l’organizzazione palestinese non rientra completamente nella sfera di influenza iraniana poiché è finanziata da altri attori geopolitici di un certo rilievo come Qatar e Turchia che hanno una certa presa sull’organizzazione.
IL QUADRILATERO USA-IRAN-ISRAELE-HAMAS
Tutti questi sviluppi avvengono in un momento di grande crisi degli USA. La nuova amministrazione Trump è la continuazione, e non la rottura, di una crisi endogena agli Stati Uniti già in corso da diversi anni. Washington, benché sia profondamente legata a Tel Aviv e deve sostenerlo per motivi storici ed etici anche a costo di una grave perdita reputazionale nel mondo, non ha voluto un’escalation del conflitto fin dal 7 ottobre. I continui viaggi della passata amministrazione Biden fin dai primi mesi di guerra erano proprio finalizzati a scongiurare lo scenario che si sta venendo a delineare: la trasformazione del conflitto da guerra israelo-palestinese a guerra israelo-iraniana. Scenario che si è realizzato con lo scoppio del conflitto israelo-iraniano (durata 12 giorni) e che ha visto Washington limitarsi al bombardamento dei siti di arricchimento dell’uranio iraniani, senza però allo stesso tempo cercare una ulteriore escalation del conflitto, visto che un coinvolgimento diretto degli USA verrebbe difficilmente accettato dall’opinione pubblica americana. Crisi americana che converge con la crisi del regime iraniano che gode di uno scarso consenso popolare e che ha perso prestigio e proiezione strategica in Medio Oriente, a vantaggio di altre potenze come la Turchia in Siria, rinunciando ad appoggiare in toto i propri alleati, pur di evitare uno scontro diretto con Israele. Il convergere delle due crisi fa si che in questo momento USA e Iran sono più vicini politicamente di quanto non lo siano Washington con Tel Aviv e Teheran con Hamas, che sono più delle spine nel fianco che non alleati[7].
La situazione geopolitica rimane molto precaria e, malgrado i negoziati in corso, trovare una soluzione diplomatica alla destabilizzazione in corso è molto difficile, soprattutto dopo l’attacco israeliano all’Iran. Mentre la violenza del conflitto tra Russia e Ucraina è rimasta confinata ai due belligeranti, la guerra tra Israele ed Hamas si è trasformata in un grande conflitto regionale che coinvolge una quantità di interessi tali che trovare una soluzione politica sembrerebbe essere al momento quasi impossibile.
[1] Chehayeb Kareem, Aji Albert, Israeli strike on Iran’s consulate in Syria killed 2 generals and 5 other officers, AP news, 2024;
https://apnews.com/article/israel-syria-airstrike-iranian-embassy-edca34c52d38c8bc57281e4ebf33b240
Diamond Jeremy, Alkhshali Hamdi, Gan Nectar, Pourahmadi Adam, Michaelis Tamar, Raine Andrew, Iran launches unprecedented retaliatory strikes on Israel in major escalation of widening conflict, CNN, 2024; https://edition.cnn.com/2024/04/13/middleeast/iran-drones-attack-israel-intl-latam/index.html
[2]Madhani Aamer, Lidman Melanie, Iran fires at least 280 missiles into Israel as regionwide conflict grow, AP news, 2024; https://apnews.com/article/israel-lebanon-hezbollah-gaza-news-10-01-2024-eb175dff6e46906caea8b9e43dfbd3da
[3]Da Silva Chantal, Madani Doha, Sanchez Raf, Exploding pagers belonging to Hezbollah kill al least 9 and injure more than 2,750 in Lebanon, NBC news, 2024;
https://www.nbcnews.com/news/world/hezbollah-pagers-expolsion-lebanon-handheld-devices-rcna171457
[4]Agenzia Nova, Pedde a Nova: “Hezbollah costretto a reagire, altamente possibile un’operazione di terra di Israele, Nova.news, 2024;
[5]Choukeir Jana, Which Hezbollah and Hamas leaders have been assassinated?, Reuters, 2024; https://www.reuters.com/world/middle-east/which-hezbollah-hamas-leaders-have-been-assassinated-2024-09-18/
[6]Dettmer Jamie, Israel could open second front in Lebanon, defense minister hints, Politico.eu, 2023; https://www.politico.eu/article/israel-could-open-second-front-lebanon-defense-minister-hintsgaza-hamas-war-yoav-gallant/
[7]Doucet Lyse, Tasch Barbara, US and Iran hold “constructive” first round of nuclear talks, BBC news, 2025; https://www.bbc.com/news/articles/c4g2eggzvjgo
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