Flotta Navale Turchia
Potenza Marittima Turchia

Eserciti, il vostro primo obbiettivo è il Mediterraneo. Avanti!”

Mustafa Kemal Atatürk[1]

Introduzione

Le ambizioni imperiali della Turchia di Erdoğan sono apparse sempre più esplicite negli ultimi anni. Partendo dal proprio ruolo regionale, capace di imporre la propria influenza nelle aree limitrofe, Ankara ambisce al grado di potenza globale. L’adozione di una postura assertiva si inserisce in un più ampio tentativo di ritagliarsi una posizione di rilievo nello scacchiere internazionale, ma il perseguimento di tale obbiettivo implica in primis la propria trasformazione in potenza marittima.

La politica estera turca agli inizi del XXI secolo

Membro della NATO dal 1954, la Turchia ha intrapreso la strada di un revisionismo incrementale a partire dai primi anni 2000: pur rimanendo formalmente all’interno del paradigma filoamericano, Ankara si è progressivamente distanziata dall’agenda americana. Ne è un esempio il “gran rifiuto” del 2003, quando il governo anatolico si rifiutò di seguire Washington nella guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. Allo stesso tempo, a partire dal 2004, ha preso le distanze dal processo di adesione all’Unione Europea. La politica estera turca si è quindi orientata lungo la dottrina della “Profondità strategica”, ideata a inizi anni 2000 da Ahmet Davutoğlu, membro dell’AKP (lo stesso partito di Erdoğan), Ministro degli Esteri dal 2009 al 2014 e successivamente Primo Ministro fino al 2016. Tale dottrina, nata all’interno di un ambiente politico islamista, poneva l’enfasi sulla diplomazia pubblica e sul soft power, al fine di espandere la propria influenza nelle aree ex ottomane e perseguire una politica di “zero problemi coi vicini”. L’obbiettivo era costituire un polo tra Europa, Caucaso e Medio Oriente attraverso un processo graduale di proiezione di potere dal cuore dell’Anatolia verso e oltre i confini terrestri.

La nascita della dottrina Mavi Vatan

Tuttavia, gli eventi successivi alle Primavere Arabe e allo scoppio della Guerra in Siria hanno influenzato la politica estera turca che si è impostata su una forma di revisionismo più rivoluzionaria e aggressiva. In questo contesto si è affermata una nuova dottrina, la “Mavi Vatan”, ossia “Patria blu” in turco. Tale strategia rappresenta il correttivo marittimo della precedente dottrina e riprende il sogno di epoca kemalista di rendere i turchi “un popolo di navigatori”, restituendo alla Nazione una dimensione talassocratica. Teorizzata dall’ex ammiraglio Gürdeniz nel 2006, è divenuta la dottrina ufficiale del paese a partire dal 2019, quando ebbe luogo la più grande esercitazione navale nella storia della Repubblica. Il messaggio che il reis voleva veicolare attraverso tale operazione era chiaro: Ankara ha riscoperto il mare, il proprio mare, ed è pronta a difendere i propri interessi ovunque essi siano localizzati. Da potenza continentale, quindi, la Turchia ha intrapreso la strada del consolidamento del proprio sea power, prima sul piano regionale e poi globale. Nelle parole dell’ideatore della dottrina, quest’ultima si fonda sulla “diplomazia delle trivelle e delle navi da guerra” e persegue “il ritorno della Turchia al mare”. Il disegno geopolitico di Ankara si allarga perciò a tutto il bacino dell’ex Mare Nostrum e ne varca anche i confini.

I pilastri della dottrina

La dottrina della Patria Blu è fondata essenzialmente su tre pilastri:

  1. il rafforzamento delle rivendicazioni marittime turche;
  2. il contrasto ai tentativi occidentali di ingabbiare la Turchia
  3. garantire la sicurezza della Turchia a partire sia dalle acque territoriali che in zone strategiche situate in aree geopoliticamente rilevanti (“difesa avanzata”)

Il primo obbiettivo prevede la delimitazione e la difesa dei confini marittimi turchi nei mari limitrofi, il Mar Nero a nord, il Mar Egeo a ovest e il Mediterraneo Orientale a sud. L’interesse della Turchia, padrona degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, concerne lo sfruttamento delle risorse (soprattutto gas) e dei ricchi giacimenti presenti in questi spazi marini, soprattutto nell’ultimo dei tre nominati. In questo modo, Ankara punta a ridurre drasticamente la sua dipendenza dall’importazione dell’energia.

Il secondo obbiettivo nasce dalla volontà di superare la sindrome d’accerchiamento di cui Ankara soffre da ormai decenni, ovvero la cosiddetta “sindrome di Sèvres”, dal nome del trattato del 1920 attraverso cui i vincitori della Prima Guerra Mondiale si spartirono le zone di influenza in Anatolia. Il governo accusa gli Stati Uniti, l’Unione Europea e i paesi dell’East Med Gas Forum (tra cui Italia, Francia, Grecia, Egitto, Israele e Cipro) di perseguire da anni politiche volte a contenere la proiezione marittima turca e a indebolire il legame tra Ankara e Cipro Nord, territorio occupato dall’esercito della Mezzaluna dal 1974. Esiste, infatti, una disputa permanente tra Turchia e Grecia, paesi rivali ma alleati sotto l’ombrello della NATO, concernente la delimitazione delle rispettive acque territoriali e zone economiche esclusive. Molte isole greche dell’Egeo come Kastellorizo, infatti, distano solo pochi chilometri dalla costa turca: in base alla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare (UNCLOS, 1982), di cui Ankara non è firmataria, tali isole creano delle zone economiche esclusive che rientrano sotto la giurisdizione ellenica, riducendo lo spazio sfruttabile dalla Turchia al largo della propria costa. Tale contesa crea quindi frequenti frizioni tra i due paesi.[2]

Il terzo obbiettivo riguarda la proiezione esterna della Turchia su scala macroregionale. Ankara considera zone altamente strategiche sia il Corno d’Africa che lo stretto di Hormuz, unica via di accesso per il Golfo Persico. Per tali ragioni essa è presente sia in Somalia che in Qatar con delle basi militari. Parallelamente è attiva in Libia, al centro del Mediterraneo, dove sostiene il governo di Tripoli.

L’applicazione della dottrina

Sin dall’adozione della dottrina, la politica estera del reis non si è limitata solamente all’affermazione di tali principi ma ha intrapreso una serie di azioni volte a darne diretta applicazione. Lo slancio neo-ottomano di stampo marittimo si è tradotto innanzitutto nel rafforzamento della Marina Militare che ha recentemente ottenuto più fondi e capacità operative. La flotta ha visto aumentare i mezzi da sbarco per eventuali operazioni di spostamento di truppe, mentre sono stati siglati degli accordi per la progettazione di nuovi sottomarini, oltre alla realizzazione di una nuova portaerei.[3]

Parallelamente, il bisogno di diversificare le fonti di approvvigionamento di energia ha spinto Ankara a siglare alcuni accordi per contrastare l’asse greco-cipriota-egiziano che, dalla prospettiva erdoganiana, punta ad arginare le rivendicazioni turche attraverso la firma di trattati di demarcazione marittima reciproca. Nel 2011 vi fu l’accordo tra Turchia e la Repubblica Turca di Cipro Nord, entità politica riconosciuta solo da Ankara, in merito alla delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive e allo sfruttamento delle risorse: la posizione del governo, infatti, prevede che le risorse rinvenute al largo dell’isola di Cipro, divisa de facto in due parti da cinquant’anni, vadano condivise con l’amministrazione turco-cipriota. Degno di nota è anche il memorandum d’intesa con l’allora Governo di Accordo Nazionale (GAN) di Al-Sarraj nel 2019 per l’esplorazione di idrocarburi nelle acque territoriali libiche. In tal modo, Ankara ambisce a espandere gli spazi di sfruttamento marittimo a sua disposizione. Tali azioni, tuttavia, hanno comportato un aumento delle tensioni negli ultimi anni, soprattutto dopo la scoperta di nuovi giacimenti nel Mediterraneo Orientale (e successivamente nel Mar Nero) e la creazione dell’East Med Gas Forum nel 2019, interpretato dalla Turchia come una vera e propria provocazione. L’avvio di operazioni navali da parte di Ankara nelle aree marittime rivendicate dai suoi rivali ha spinto Grecia e Cipro a riarmarsi e stringere accordi di difesa con Francia, Israele e Stati Uniti. Le dispute rimangono ad oggi aperte e così rimarranno probabilmente per molto tempo ancora.[4]

Conclusione

In conclusione, l’ambizione turca di diventare una potenza globale, ribadita nel progetto della Vision 2053 e incardinata nella dottrina della Mavi Vatan, segna una svolta strategica che punta a ridefinire l’identità geopolitica del Paese, proiettandolo oltre i confini continentali. Tuttavia, il perseguimento di tale obbiettivo richiede un profondo cambio di mentalità per poter recuperare la dimensione marittima della propria postura imperiale. Tuttavia, tale politica di potenza necessita di risorse stabili, oggi messe a dura prova da diverse fragilità interne, soprattutto economiche.[5]V Resta da capire se Ankara riuscirà a sostenere nel tempo i costi della sua proiezione esterna, proseguendo lungo la strada del revisionismo marittimo e del confronto strategico e accettando il rischio di un progressivo isolamento internazionale. La partita è ancora aperta, ma il futuro della Mezzaluna dipenderà dalla sua capacità di coniugare potenza e stabilità, proiezione esterna e coesione interna.


[1] All about Turkey, Citazioni e discorsi di Ataturk, https://www.allaboutturkey.com/ita/ataturk-quotes.html

[2] Foreign Policy Council, Disputed Islands in the Aegean Sea: The Ongoing Conflict between Greece and Turkey. https://foreignpolicycouncilcom.wordpress.com/2023/01/16/disputed-islands-in-the-aegean-sea-the-ongoing-conflict-between-greece-and-turkey/

[3] Nuova Rivista Storica, “Mavi Vatan” – Il sogno segreto del Sultano. https://www.nuovarivistastorica.it/“mavi-vatan”-il-sogno-segreto-del-sultano/

[4] Rascaglia Nicolò (2022), La Mavi Vatan e la partita energetica nel Mediterraneo Orientale, in N. Rascaglia e L. Zacchi (a cura di), La proiezione esterna della Turchia di Erdoğan. Tra ambizioni regionali e consolidamento della politica regionale, Osservatorio di Politica Internazionale del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, Roma, pp. 16-21

[5] Geopolitica.info, Dalla profondità strategica alla Patria Blu: l’evoluzione del pensiero strategico turco. https://www.geopolitica.info/dalla-profondita-strategica-alla-patria-blu-levoluzione-del-pensiero-strategico-turco-parte-2/

Immagine in evidenza: https://www.anews.com.tr/turkey/2025/01/07/mavi-vatan-2025-military-drill-begins-with-90-ships-and-50-aircraft

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