Putin e Lukashenko
Putin e Lukashenko

Lo Stato dell’Unione: cosa è cambiato dalla sua ideazione

Il progetto di Stato di Unione tra Russia e Bielorussia ha assistito nei tempi recenti ad una ripresa di slancio, complice la rielezione di Lukashenko nel 2020 e il conflitto in Ucraina, che ha spinto Mosca a stringere a sé il partner bielorusso per aggirare sanzioni occidentali, dispiegare armi e rafforzare la cooperazione – meglio ancora se dipendenza – degli Stati post-sovietici, nell’ottica di una ridefinizione degli equilibri globali in chiave multipolare.

Nata nel 1999[1], sotto la presidenza di Boris Yeltsin e Aleksandr Lukashenko, l’Unione tra i due Paesi punta all’istituzione di uno stato sovranazionale federato, dotato di una propria costituzione, organi statali e mercato congiunti, che avrebbero permesso una stretta cooperazione in molteplici settori.

Allora, l’integrazione ha proceduto più a rilento, toccando principalmente la sfera militare, a causa della riluttanza del leader bielorusso ad abbandonare una politica multi-vettoriale che ha consentito a Minsk, almeno fino al 2020, di oscillare tra le avances di Mosca e la cooperazione con l’Unione Europea e la Nato. Il paradigma è ben cambiato dall’ascesa al potere di Vladimir Putin che ha strumentalizzato, almeno nei tempi più recenti, lo Stato di Unione per raggiungere l’obiettivo di una “riunificazione” della “Grande Nazione Russa” rigettando l’esistenza di Bielorussia e Ucraina come Stati indipendenti.

Una visione che ben emerge nell’articolo del 2021 “Sull’unione storica tra russi e ucraini”[2], nel quale anche la popolazione bielorussa viene menzionata come essenzialmente e storicamente appartenente alla nazione russa e più in generale al Russkij Mir. Sebbene l’atteggiamento russo verso Minsk sia per il momento differente da quello adottato con Kiev lo scopo risulta essere, seppur in maniera più velata, il medesimo: l’erosione della sovranità degli stati post-sovietici e il loro assoggettamento in diverse forme – dal vassallaggio politico-economico[3] o militare a vere e proprie forme di annessione alla Federazione Russa, che si ripensa grande Impero.

I fronti principali dell’integrazione

L’integrazione e dunque il completamento dello Stato dell’Unione, è fissata dal Cremlino per il 2030 e si muove su tre direttrici principali: militare, economica e politica.

Indubbiamente gli sviluppi militari risultano essere i più lampanti, vista la decisione del leader bielorusso di accettare il dispiegamento di armi nucleari tattiche russe sul proprio territorio, rinunciando nel 2023, attraverso emendamenti costituzionali, allo status di Paese non-nucleare.

Non solo: i due vicini presentano sistemi di difesa area integrati e Minsk ha di fatto assunto un atteggiamento di cobelligeranza dall’inizio del conflitto in Ucraina, consentendo il passaggio e il dispiegamento di truppe russe sul suo territorio e rifornendo Mosca con equipaggiamento bellico, allineandosi sempre più al Cremlino nell’esprimere posizioni ostili verso l’Alleanza Atlantica.

Sul piano economico, la Bielorussia, schiacciata dal peso delle sanzioni[4] occidentali imposte in risposta alla progressiva erosione dello Stato di diritto nel Paese, si è progressivamente rivolta a est – non senza incorrere in un’ulteriore erosione della propria indipendenza.

Lo Stato dell’Unione ha tra gli obiettivi l’integrazione economica e finanziaria tra i due Paesi attraverso la creazione di un mercato e di una moneta unica, pilastri raggiungi solo in parte.

Sebbene un’area di libero scambio e un mercato unico russo-bielorusso siano stati completati già tra il 2011 e il 2012, procede più a rilento – a causa dei “giri di valzer” di Lukashenko – l’unificazione della moneta e plausibilmente per il Cremlino, anche quello delle due economie. Indubbiamente, la centralizzazione economica e fiscale sotto guida russa permetterebbe a Mosca un controllo capillare e una completa subordinazione del vicino che già risulta estremamente dipendente dall’economia della Federazione ma che, almeno al momento, resta formalmente titolare della propria politica economica.

Aspetti politici e possibili evoluzioni

Il sostegno vitale offerto dal Cremlino al regime di Lukashenko, minacciato dalle violente proteste esplose durante le elezioni del 2020, ha sancito la fine della politica multi-vettoriale fino ad allora perseguita dalla Bielorussia[5]. Sebbene l’integrazione politica rappresenti il pilastro meno sviluppato dei tre previsti, a causa degli ostacoli e dei ritardi nell’istituzione degli organi politici comuni dello Stato dell’Unione (attualmente esiste un’assemblea parlamentare congiunta che dovrebbe evolversi in un parlamento), la Russia ha progressivamente reinterpretato il Trattato del 1999 – che in origine prevedeva una condivisione paritaria dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario –  spingendo Minsk a cedere sovranità in diversi ambiti, con l’obiettivo di vincolarla ai futuri organi governativi dell’Unione dominati da Mosca[6].

La posta in gioco dell’integrazione politica completa della Bielorussia, la cui vita politica nazionale e locale è già ampiamente influenzata dalla Russia, è la sua stessa esistenza come Stato sovrano. Questo processo di integrazione – che coinvolge i tre fronti politico, economico e militare – costituisce non solo un tassello fondamentale nella strategia del Cremlino per riaffermare la propria influenza nello spazio post-sovietico, ma anche un banco di prova per la sua ambizione di ridefinire l’ordine internazionale secondo logiche neo-imperiali.


Bibliografia:

  1. Presidenza della Repubblica di Bielorussia, “Economic Integration – Union State”, https://president.gov.by/en/belarus/economics/economic-integration/union-state 
  2. Presidenza della Federazione Russa, Discorso del Presidente della Russia: “On the Historical Unity of Russians and Ukrainians”  http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181 
  3. Nechepurenko, I., “Russia Deploys Tactical Nuclear Weapons in Belarus”,
    The New York Times, 22 giugno 2023, https://www.nytimes.com/2023/06/22/world/europe/belarus-russia-lukashenko.html 
  4. Consiglio dell’Unione Europea, “Sanzioni nei confronti della Bielorussia”,
    https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions-against-belarus/ 
  5. Council on Foreign Relations (CFR), “Belarus and Russia: An Alliance of Autocracies in Eastern Europe”, https://www.cfr.org/backgrounder/belarus-russia-alliance-axis-autocracy-eastern-europe 
  6. Barros, G., “Russia’s Quiet Conquest: Belarus”,
    Institute for the Study of War, https://www.understandingwar.org/backgrounder/russias-quiet-conquest-belarus

Immagine in evidenza : https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Putin-Lukashenko_meeting_(2022-06-25)_02.jpg

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